Imposte

La certificazione su ricerca e sviluppo può essere salvacondotto anche per il passato

L’asseverazione riguarda le attività effettuate dalle aziende dal 2020 in poi

di Emanuele Reich e Franco Vernassa

Saranno le imprese a scegliere, tra i soggetti iscritti all’apposito Albo, colui che rilascerà la certificazione che consente di mettersi al riparo da contestazioni relativamente alla spettanza dei crediti d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica, di design e innovazione estetica e di innovazione tecnologica finalizzate al raggiungimento di obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica. La certificazione, che esplica effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, potrà inoltre riguardare attività presenti, passate e future.

Sono questi i due punti qualificanti contenuti nella bozza di Dpcm (si veda il precedente articolo «Bonus ricerca e sviluppo, albo di esperti e bollino in cinque punti»), che è in attesa di firma e pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, e che relativamente alla certificazione introdotta dall’articolo 23, comma 2, Dl 73/2022 individua:

• i requisiti per l’iscrizione all’Albo dei certificatori (articolo 2);

• la procedura e il contenuto della certificazione (articolo 3);

• le modalità di vigilanza sulle attività esercitate dai certificatori (articolo 4).

Il cuore del Dpcm è nell’articolo 3, che disciplina la procedura per il rilascio della certificazione e il suo contenuto, e che conferma innanzitutto che essa può riguardare investimenti in corso, già effettuati o che si intendono effettuare. L’impresa che intende acquisire la certificazione deve farne richiesta al Mise, con modalità telematiche e tramite apposito modello, indicando il soggetto certificatore incaricato, con relativa dichiarazione di accettazione dell’incarico da parte dello stesso.

Un’importante conferma consiste nel fatto che la certificazione dovrà essere rilasciata sulla base degli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto Mise del 26 maggio 2020, attuativo dell’agevolazione, nonché in coerenza con le “Linee guida” che dovranno essere emanate dal Mise entro fine anno, con cui potranno anche essere adottati schemi di certificazione.

La certificazione dovrà essere inviata al Mise dal certificatore con procedura informatica entro 15 giorni dal rilascio e dovrà contenere:

1. le informazioni concernenti le capacità organizzative e le competenze tecniche dell’impresa, al fine di attestarne l’adeguatezza rispetto agli investimenti;

2. la descrizione dei progetti o dei sottoprogetti e delle diverse fasi inerenti agli stessi realizzati, in corso di realizzazione o da iniziare;

3. le motivazioni tecniche sulla base delle quali viene attestata la sussistenza dei requisiti per l’ammissibilità al credito d’imposta;

4. la dichiarazione del soggetto certificatore di non versare in situazioni di conflitto di interesse e di non avere rapporti diretti o indiretti di partecipazione o cointeressenza nell’impresa certificata o comunque altri interessi economici ricollegabili agli investimenti nelle attività oggetto di certificazione;

5. tutte le ulteriori informazioni e gli elementi descrittivi ritenuti utili dal certificatore per la completa rappresentazione della fattispecie agevolativa, anche in funzione delle attività di vigilanza del Mise e dei controlli dell’agenzia delle Entrate.

Un punto rilevante della bozza del Dpcm, contenuto nell’articolo 4, riguarda la vigilanza sulle attività di certificazione, che si prevede sia esercitata dal Mise, procedendo, anche a campione, alla verifica della rispondenza alle disposizioni agevolative e alle “Linee guida”. A tal fine, il Mise può richiedere al certificatore, dandone notizia all’impresa, entro 45 giorni dalla data di ricezione della certificazione, l’invio, entro 15 giorni, della documentazione tecnica nonché contrattuale e contabile rilevante ai fini della valutazione. Il punto è molto delicato, perché in caso di mancato invio da parte del certificatore della documentazione integrativa, la certificazione non produce effetti.

Le certificazioni per le quali il Mise non abbia fatto formale richiesta di ulteriore documentazione entro 45 giorni o quelle per le quali non si sia pronunciato in termini negativi entro i 30 giorni successivi alla data di invio dell’ulteriore documentazione richiesta, producono gli effetti vincolanti per l’agenzia delle Entrate di cui all’articolo 23, comma 4, Dl 73/2022.

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