La cessione del bene cancella il maxi bonus fin dall’inizio
La cessione dei beni iper-ammortizzabili prima della fine dell’ammortamento fa perdere il bonus fin dall’origine. Lo stabilisce l’articolo 7 del decreto Dignità nel testo attualmente disponibile. Il recupero delle imposte risparmiate sulle quote 150% già dedotte, senza sanzioni e interessi, scatta anche se, nello stesso termine, il bene agevolato viene trasferito a strutture produttive estere. La norma, che potrebbe penalizzare anche le imprese costrette a cedere impianti a causa della crisi, non riguarda il super ammortamento.
Al via la stretta sulla dismissione degli investimenti che sfruttano l’agevolazione Industria 4.0. Il decreto legge appena approvato dal governo dispone innanzitutto che l’iper ammortamento del 150% può essere fruito solo se i beni – dotati dei requisiti oggettivi previsti dalla legge – sono destinati a strutture produttive situate in Italia. Prima di tale disposizione, la norma (circolare 4/E/2017) non prevedeva vincoli quanto alla territorialità: l’agevolazione riguardava dunque tutti quei beni (anche se collocati in una stabile organizzazione estera) il cui ammortamento concorre a determinare il reddito di un’impresa italiana. L’Agenzia, in assenza di vincoli espressi nella legge, aveva solamente escluso la possibilità di manovre elusive attuate mediante acquisti effettuati da società italiane con noleggio del bene a favore di consociate estere.
Il decreto Dignità stabilisce inoltre che, in caso di cessione a titolo oneroso dei beni iper-ammortizzabili entro il periodo di fruizione del bonus (e dunque entro l’ultimo esercizio di ammortamento), l’impresa, oltre a dover interrompere lo stanziamento in dichiarazione delle quote residue (come già attualmente previsto), deve operare una variazione in aumento corrispondente alle quote di iper ammortamento dedotte in precedenza, liquidando le maggiori imposte, senza sanzioni o interessi. Lo stesso meccanismo scatta in caso di trasferimento del bene a strutture estere, anche della stessa impresa (e dunque ad una propria branch collocata oltrefrontiera).
La disposizione non si applica qualora l’impresa si avvalga di quanto stabilito dal comma 35 della legge di Bilancio 2018 e cioè proceda, nello stesso anno di cessione o di delocalizzazione, all’acquisto di un nuovo bene con caratteristiche tecniche 4.0 analoghe a quelle del bene ceduto, con la relativa interconnessione. La copertura del nuovo acquisto rispetto alla perdita del beneficio già utilizzato pare però limitata (richiamo al comma 36) al costo dell’investimento effettuato in sostituzione, qualora lo stesso risulti inferiore a quello del bene ceduto.
La stretta sulle cessioni e sulle delocalizzazioni dei beni iper ammortizzabili (sia la destinazione iniziale sia il recupero in caso di dismissione) vale solo per gli investimenti realizzati dalla data di entrata in vigore del decreto legge. Gli investimenti dovranno d’ora in poi essere tracciati per tener conto di questo differente regime. La disposizione risulta fortemente penalizzante tenendo conto che, anche seguito della riduzione al 50% della quota di ammortamento nel primo anno, il periodo di sorveglianza finisce per essere estremamente lungo.
La norma rischia inoltre di addossare oneri fiscali rilevanti anche ad imprese che, lungi dal voler aggirare le regole, dismettono strutture produttive o singoli beni, o addirittura si sciolgono, semplicemente perché in crisi. Sarebbe opportuno consentire la disapplicazione della disposizione dimostrando, come già previsto dall’articolo 6 per le riduzioni occupazionali, che la dismissione dipende da giustificati motivi oggettivi.