Controlli e liti

La Consulta sblocca i «risparmi» utili agli investimenti locali

di Gianni Trovati

L’obbligo per regioni ed enti locali di rispettare ogni anno il pareggio di bilancio non può bloccare i “risparmi” accumulati negli esercizi precedenti che servono a finanziare investimenti. Con la sentenza 101/2018 (presidente Lattanzi, redattore Carosi) depositata ieri, la Corte costituzionale assesta un’altra bordata ai vincoli di finanza pubblica sugli enti territoriali.

La sentenza colpisce la norma sull’equilibrio (comma 466 della manovra 2017) nella parte in cui non libera dai vincoli del pareggio l’avanzo di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato per il pagamento delle spese programmate. La questione riguarda le regole a regime dal 2020, annualità che è già nei preventivi approvati quest’anno, che sono triennali. Secondo i calcoli dell’Upb, gli «avanzi» presenti nei conti locali valgono 16,2 miliardi, divisi fra Regioni (10,8 miliardi) ed enti locali (5,3, di cui 3,7 nei Comuni). Poco meno di un punto di Pil che una “liberazione” immediata trasformerebbe in deficit. Non tutti questi avanzi si possono tradurre subito in investimenti, perché spesso non c’è cassa a sostenerli: ma il problema rimane pesante, e tocca soprattutto le prospettive di investimenti degli enti del Centro-Nord.

Il tema che oppone da tempo la Consulta e il ministero dell’Economia è la regola del pareggio di bilancio, ora sotto i riflettori anche della politica con le proposte di «superamento» dell’attuale articolo 81 della Costituzione scritte nel contratto M5S-Lega. Attenzione però a non confondere i due piani. La Consulta non contesta ovviamente la norma costituzionale ma spiega che la sua applicazione non può congelare le risorse per gli investimenti programmati.

Il tema è ad alto tasso tecnico, per di più in un «ordito normativo non di rado oscuro» secondo la stessa Consulta che torna a denunciare «un deficit di trasparenza bisognoso di un tempestivo e definitivo superamento». Ma riguarda da vicino i soldi dei cittadini, che in quanto contribuenti sono titolari delle risorse al centro della discussione.

La Corte mette nero su bianco il fatto che l’obbligo di rispettare il pareggio di competenza in un dato anno non può bloccare le risorse che arrivano dagli anni precedenti e servono a finanziare investimenti pluriennali. Per questo si occupa dell’avanzo di amministrazione (i “risparmi” ottenuti negli esercizi precedenti) e del fondo pluriennale vincolato, cioè lo strumento per gestire gli investimenti che non arrivano al pagamento nello stesso anno in cui sono attivati.

La Consulta aveva già spinto in questa direzione con la sentenza 247/2017, che in quel caso aveva salvato un’altra norma sul pareggio (quella sugli scambi di spazi di investimento fra enti in surplus e amministrazioni in difficoltà) dandone però un’interpretazione «costituzionalmente orientata» che impediva appunto il blocco delle risorse degli enti. La nuova pronuncia boccia uno snodo chiave del pareggio, e porta sui tavoli del prossimo governo un altro problema da risolvere. Oltre a liberare gli investimenti locali bisogna infatti anche evitare abusi che finanziano spese certe con risorse incerte.

Corte costituzionale, sentenza 101 del 17 maggio 2017

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