Controlli e liti

La convenzione con la Asl tiene il medico di base fuori dall’Irap

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di Massimo Romeo

L’attività di medico esercitata in regime di convenzione con l’azienda sanitaria locale , prevedendo l’assistenza di un numero massimo di cittadini assistiti , non costituisce quell’ autonoma organizzazione che giustificherebbe l’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive anche se vi è la presenza fisica di una dipendente part-time ovvero se vengono utilizzati dei beni strumentali.
Questo il principio che si ricava dalla sentenza della Ctr Lombardia 1569/2019 dell’8 aprile 2019 .

La controversia concerneva l’impugnazione da parte di un contribuente, esercente la professione di medico, di un provvedimento di diniego emesso dall’amministrazione finanziaria in relazione alla richiesta di rimborso delle somme versate a titolo di Irap per alcune annualità.
Fra i motivi di ricorso egli evidenziava come l’utilizzo della collaboratrice, cui l’ufficio faceva riferimento nel provvedimento impugnato, era anche frutto «dell’esigenza di adeguarsi agli standard imposti dall’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici generali» e che comunque esso era avvenuto per non più di 15 ore settimanali e sempre presso l’ambulatorio dove egli svolgeva la propria attività; richiamava altresì la giurisprudenza della Suprema Corte e di merito che ha affermato come il semplice utilizzo di una segretaria non determini la sussistenza di un’attività autonomamente organizzata.

L’agenzia delle Entrate , a sua volta, invocava sul punto la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (9451/2016), con la quale era stata definito in modo conforme un contenzioso relativo alla richiesta di rimborso di un avvocato che svolgeva un’attività supportata da una semplice segretaria addetta all’accoglienza dei clienti. La Ctp confermava la legittimità del diniego opposto evidenziando che fra i vari compiti assegnati alla segretaria vi erano anche quelli relativi alla redazione di bozze di ricette per i malati cronici o per la misurazione della pressione che comportavano certamente una migliore organizzazione dell’attività di studio del ricorrente ed un risparmio di tempo ed energie lavorative che ne accrescevano in astratto la capacità produttiva. Si trattava, secondo i giudici provinciali, di elementi di sicuro rilievo da valutare tenendo conto che l’entità dei compensi percepiti dal professionista dipende dal numero di assistiti che lo hanno scelto come medico personale e come tale scelta possa essere certamente influenzata dalla pratica osservazione diretta o indiretta di una migliore organizzazione del servizio, attuata anche mediante la scelta organizzativa dello stesso medico di dotarsi di una assistente di studio.

La Ctr, decide di riformare la sentenza di prime cure considerando dirimente il rapporto convenzionale per l’esercizio della professione di medico. All’uopo, in base alla convenzione sottoscritta con la Asl, il collegio evidenzia come il professionista fosse obbligato a tenere aperto il proprio studio per due ore e mezzo ogni giorno dal lunedì al venerdì , che il servizio di segretariato nulla poteva aggiungere al lavoro del medico né tantomeno poteva dirsi che una tale organizzazione potesse , autonomamente, produrre ricchezza ( …i ricavi variano in funzione del solo numero di persone assistite). Viene altresì richiamata dai giudici una risoluzione ministeriale ( n. 32 del 2002) laddove prevede che qualora il medico eserciti la propria professione «in regime di convenzione con l’azienda sanitaria locale...opera una prestazione di lavoro parasubordinato di collaborazione coordinata e continuativa…. che non realizza la soggettività passiva al fini Irap».
Pertanto, concludono i giudici, la natura del rapporto professionale convenzionato, che prevede l’assistenza di un numero massimo di cittadini assistiti, anche se vi è la presenza fisica di una dipendente part-time e se vengono utilizzati dei beni strumentali (nel caso di specie arredamento di base e qualche modico macchinario dello studio medico dove vengono ricevuti i pazienti) non costituisce quell’autonoma organizzazione che giustificherebbe l’applicazione dell’ imposta.


Considerazioni

Le controversie in materia di Irap attinenti i requisiti oggettivi e soggettivi ai fini dell’assoggettamento ad imposizione sono portate di sovente all’attenzione del giudice tributario ( si vedano anche articoli Sole 24 Ore del 1° e 31 marzo 2019 - 10 ottobre 2018 e Quotidiano del Fisco del 19 e 26 agosto 2017 /01 settembre 2017/ 2 novembre 2018 ), nonostante i “paletti” fissati negli anni e in materia dalla giurisprudenza di legittimità.
Una possibile e probabile riduzione del contenzioso si potrebbe avere con il Disegno di legge sulle semplificazioni ( atto Camera n. 1074) ; uno degli emendamenti presentati prevede , infatti, che «non sussiste autonoma organizzazione ai fini dell’imposta nel caso di lavoratore autonomo con volume d’affari non superiore a 150.000 euro, qualora le spese per il personale dipendente, consulenze a terzi e beni strumentali non eccedano complessivamente il 75% del compensi percepiti e comunque nell’attività non venga impiegato più di un lavoratore dipendente a tempo pieno ovvero due a tempo parziale”.

Ctr Lombardia, sentenza 1569 dell’8 aprile 2019

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