La cooperative compliance riduce i rischi di controlli e accertamenti per il passato
Sebbene il nuovo regime di adempimento collaborativo, varato con il Dlgs 128/2015 , consenta ai contribuenti ad esso ammessi di godere di rilevantissimi benefici, molte imprese potrebbero dimostrarsi restie all’idea di aderirvi, temendo che la trasparenza loro richiesta possa in qualche modo consegnare nelle mani dell’Agenzia strumenti di possibile offesa, soprattutto, ma non solo, nel caso in cui al termine dell’istruttoria di ammissione non dovessero essere ritenute in possesso dei requisiti necessari e rimanere dunque escluse dal regime.
Nel tentativo di fugare tale legittimo timore, il provvedimento delle Entrate 101573/2017 ha dettato specifiche disposizioni a riguardo. Ha dunque anzitutto chiarito che le informazioni e gli elementi acquisiti nel corso delle interlocuzioni preventive e degli accessi presso la sede del contribuente e, in generale, nel corso dell’attività istruttoria, sono tutelate dal segreto d’ufficio a norma dell’articolo 68 del Dpr 600/1973, e dell’articolo 66 del Dpr 633/1972, con ciò fornendo necessarie rassicurazioni sul fatto che un primo importante presidio sulla riservatezza delle informazioni trasmesse dall’impresa all’agenzia delle Entrate è garantito, verso l’esterno, dall’applicabilità delle sanzioni all’articolo 326 del codice penale nei confronti dei funzionari e dei dirigenti dell’amministrazione che dovessero dolosamente o colposamente farle trapelare al di fuori dell’Agenzia (articolo 2.1 b del provvedimento).
Alla successiva lettera c) dell’articolo 2.1 ha poi stabilito che l’ufficio competente utilizza le informazioni inerenti i rischi fiscali comunicati dal contribuente, anche in sede di istanza di adesione al regime o raccolte nel corso della procedura, solo ai fini dell’istruttoria per la verifica dei requisiti di ammissibilità e delle attività e dei controlli relativi al regime di adempimento collaborativo, limitatamente ai periodi di imposta per i quali il regime stesso trova applicazione. Inoltre, a norma della successiva lettera d), gli elementi informativi raccolti nell’ambito dell’istruttoria per la verifica dei requisiti di ammissibilità, così come quelli acquisiti nelle attività di riscontro sull’operatività del sistema, non costituiscono fonti di innesco per successive attività di controllo relative ad esercizi precedenti all’ingresso al regime, sia nei confronti del contribuente ammesso, sia di altre società appartenenti al medesimo gruppo societario.
Da ultimo, alla lettera e) dell’articolo 2.1, il provvedimento stabilisce ulteriormente che i medesimi divieti di utilizzo disciplinati nelle lettere b), c) e d) in precedenza citate, restano fermi anche nel caso in cui il processo di verifica dei requisiti di ammissibilità per l’accesso al regime si concluda con esito negativo o il contribuente ammesso venga successivamente escluso ovvero receda dal regime. Dalle citate disposizioni pare emergere un quadro di garanzie in grado di fornire adeguate rassicurazioni anche ai più diffidenti. Tuttavia si crede non sia fuor di luogo sondare più in profondità la tenuta di talune delle citate norme, soprattutto sotto il profilo della loro piena compatibilità con le vigenti disposizioni di legge.
In questa prospettiva il passaggio del provvedimento in cui si afferma che gli elementi informativi acquisiti nel corso dell’istruttoria non possono costituire fonte d’innesco di possibili attività di controllo relative a periodi d’imposta pregressi appare particolarmente delicato.
Le vigenti norme stabiliscono che l’ufficio competente all’accertamento (diverso da quello della Direzione centrale Accertamento, competente alla verifica dei requisiti di ammissibilità al regime di adempimento collaborativo) procede alla rettifica delle dichiarazioni dei redditi allorquando, tra l’altro, rilevi la inesatta applicazione delle disposizioni che regolano la determinazione a fini impositivi del reddito d’impresa (articoli 39 e 40 Dpr 600/1973). Se, tuttavia, nel corso dell’istruttoria di ammissione al regime, l’ufficio competente della Direzione centrale Accertamento dovesse acquisire elementi informativi suscettibili di integrare violazioni sostanziali da parte dell’impresa in periodi d’imposta antecedenti quello di presentazione della domanda di ammissione al regime, a termini di quanto stabilito dal provvedimento, sarebbe comunque tenuto a non fornire tali informazioni all’ufficio deputato all’accertamento, dando dunque vita ad un nuovo e non esplicitato effetto premiale della procedura, ossia una sanatoria di fatto per il passato estesa peraltro anche a tutte le società appartenenti al medesimo gruppo societario e valevole (ma senza estensione anche alle altre società del gruppo) anche nel caso in cui il soggetto, alla fine dell’istruttoria condotta per la verifica dei requisiti di ammissibilità al regime, non venisse ad esso ammesso, ed anche quando, nel corso della procedura, ne venisse espulso a causa della perdita medio tempore dei requisiti. Potrebbero tuttavia verificarsi situazioni capaci di annullare tale effetto premiale. La disposizione contenuta nel provvedimento, infatti, stabilisce che le informazioni acquisite nel corso della procedura non possono costituire fonte di innesco di controlli relativi a pregressi periodi d’imposta, ma ciò non esclude che detti controlli possano essere comunque attivati sulla base di diverse, autonome fonti di innesco.
Inoltre, un ulteriore maggiore profilo di delicatezza emerge con riferimento alla possibile rilevanza penale di eventuali violazioni rilevate in sede istruttoria da parte dell’ufficio competente. In questo caso, infatti, il divieto di comunicazione tra l’ufficio deputato a gestire l’accesso al regime di adempimento collaborativo e l’ufficio competente alle attività di controllo ed accertamento non rileverebbe: l’obbligo di inoltrare senza ritardo la comunicazione della notizia di reato all’ufficio del pubblico ministero (articolo 331 del Codice di procedura penale) grava infatti direttamente in capo all’ufficio competente alla gestione del regime di adempimento collaborativo, il quale, ove rilevasse la sussistenza degli estremi di legge, non potrebbe certo sottrarsi all’obbligo della comunicazione in argomento.
In definitiva, sembra potersi affermare che il provvedimento delle Entrate ha certamente fortemente circoscritto la possibilità dell’uso a fini di verifiche, controlli ed accertamenti, delle informazioni versate dalle imprese nella procedura di ammissione al regime, senza tuttavia arrivare ad immunizzare totalmente e sotto ogni possibile profilo il contribuente ammesso al regime o che, quanto meno, abbia chiesto di potervi accedere.
Agenzia delle Entrate, provvedimento 101573/2017