La Corte Ue boccia gli sconti alla chiesa spagnola
L’esenzione dall’imposta comunale spagnola sulle costruzioni, in favore delle istituzioni ecclesiastiche a prescindere dalla natura, commerciale o meno, dell’attività che si svolgerà nella costruzione, è illegittima perché viola il divieto di aiuti di Stato alle imprese. Questo il principio confermato nella sentenza della Corte Ue, nel procedimento C-74/16, depositata ieri. Una sentenza, secondo il presidente del collegio giuidicante Koen Lenaerts, «rilevante non solo per la Spagna, ma anche per l’Italia, e paesi come Francia e Belgio che hanno un concordato con la Chiesa».
La sentenza
Il caso riguarda l’applicazione dell’Icio spagnola, imposta indiretta comunale che colpisce qualunque soggetto che richieda una autorizzazione per la realizzazione di una unità immobiliare. In forza della disciplina normativa che regola i rapporti tra Stato e Chiesa, quest’ultima è esentata anche da tale tributo comunale. Il comune impositore riteneva di non poter applicare l’esenzione poiché l’attività cui era destinato l’immobile era di tipo convegnistico e non propriamente religioso. L’ente religioso osservava invece che, alla luce delle disposizioni vigenti, l’esonero avrebbe dovuto essere riconosciuto a prescindere dalla tipologia di prestazione effettuata. Da qui, la remissione della causa alla Corte di giustizia affinché questa accertasse la compatibilità dell’agevolazione in oggetto con il divieto di aiuti di Stato alle imprese.
I giudici europei hanno risolto la questione rilevando, in primo luogo, che non è commerciale l’attività didattica svolta nel contesto del sistema pubblico dell’istruzione, finanziata con fondi statali. Al contrario, è invece commerciale lo svolgimento di seminari e conferenze a pagamento. Il giudice nazionale dunque dovrà accertare l’effettiva destinazione della costruzione realizzata, con la precisazione che anche una destinazione mista è suscettibile di generare criticità con le norme Ue.
La Corte Ue ha inoltre evidenziato che la misura in esame ha senz’altro carattere selettivo, poiché avvantaggia solo alcuni operatori all’interno di uno specifico settore commerciale.
Si tratta infine di aiuto di Stato poiché l’agevolazione è finanziata con soldi pubblici, trattandosi di una esenzione tributaria. La causa è stata quindi rimessa al giudice spagnolo che deve applicare i criteri interpretativi sopra riassunti.
L’impatto in Italia
La questione affrontata, nei termini in cui è stata posta, non dovrebbe comportare ricadute immediate nella legislazione italiana, che, anche in vigenza dell’Ici, non ha mai contemplato agevolazioni locali in favore di attività prevalentemente commerciali.
Dopo la bocciatura dell’esenzione Ici di cui all’articolo 7, lettera i), del Dlgs 504/92, da parte della Commissione Ue (decisione del 9 dicembre 2012), inoltre, la disciplina dell’Imu è stata informata, quantomeno nei tratti generali, ai principi unionali. È infatti previsto che, in presenza di immobili adibiti promiscuamente ad attività commerciali e istituzionali, l’esenzione debba essere rapportata alla sola porzione di fabbricato destinata a queste ultime.
Inoltre, nella definizione di attività commerciali, si è adottato il criterio secondo cui deve trattarsi di prestazioni gratuite o svolte dietro corrispettivi irrisori. Anche la giurisprudenza di legittimità è da tempo orientata in questo senso. Nelle sentenze n. 14225 e n. 14226 del 2015, la Cassazione ha ad esempio affermato che gli immobili degli enti ecclesiastici adibiti a scuole paritarie sono soggetti a Ici se queste sono gestite con modalità commerciali. A tale fine non rileva il fatto che la gestione sia in perdita, ma il fatto che i corrispettivi siano determinati o meno in funzione della tendenziale remunerazione dei fattori della produzione.