Controlli e liti

La difesa a oltranza dell’aggio conferisce un «privilegio»

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di Dario Deotto

Strani fenomeni di “gattopardismo fiscale” si registrano con le ultime manovre. Va ricordato che la manovra del Dl 193/2016 prevede che Equitalia verrà soppressa e sostituita con Agenzia delle Entrate–Riscossione. Va rammentato ulteriormente che la remunerazione dell’attività di riscossione ha in passato cambiato nome: l’aggio si chiama ora «onere di riscossione e di esecuzione».

Con la recente “manovrina” del Dl 50/2017 è stata prevista la chiusura delle liti fiscali pendenti. Nella versione precedente rispetto a quella poi approdata in “Gazzetta” risultava stabilito che se gli importi oggetto della chiusura delle liti tributarie rientravano anche nella rottamazione dei carichi affidati a Equitalia, il contribuente, per fruire della definizione delle liti pendenti, doveva comunque avvalersi della rottamazione. Ci si chiedeva il perché di questa quasi inverosimile previsione, che avrebbe costretto a pochissimi giorni dalla scadenza della rottamazione (21 aprile) a dovere fruire di quest’ultima in termini strettissimi per potere poi accedere alla chiusura delle liti pendenti. Ad ogni modo, una simile ipotesi è tramontata.

Tuttavia, una sorta di improprio “sposalizio” tra le due definizioni è rimasto nel testo definitivo. Si prevede, infatti, che il contribuente che ha manifestato la volontà di avvalersi della rottamazione dei carichi affidati ad Equitalia può fruire della definizione delle liti pendenti unitamente alla stessa rottamazione. Il che vuol dire, sostanzialmente, che chi ha presentato domanda di rottamazione, se vuole utilizzare la chiusura delle liti, deve comunque avvalersi della rottamazione. Il tutto è stato confermato anche nell’audizione parlamentare della scorsa settimana del direttore delle Entrate, che ha affermato che la rottamazione risulta «tassativa» per chi ha presentato la domanda e ora vuole anche avvalersi della chiusura delle liti pendenti. Peraltro, sorge un interrogativo di fondo: come mai il Parlamento chiede a pochi giorni dall’emanazione di un provvedimento legislativo (in questo caso del governo) una dettagliatissima «attività conoscitiva delle misure correttive» all’agenzia delle Entrate, quando, semmai, dovrebbe essere l’Agenzia a chiedere all’ipotetico legislatore lumi sugli interventi effettuati.

Ad ogni modo, l’ulteriore interrogativo riguarda questa strana unione tra chiusura delle liti fiscali pendenti e rottamazione perché, di fatto, gli effetti delle due sanatorie sono identici (tranne il caso in cui la lite non riguardi solamente sanzioni). In sostanza, sia nel caso l’ammontare della lite pendente coincida con il carico affidato ad Equitalia sia nel caso quest’ultimo risulti inferiore, se il contribuente si avvalesse soltanto della definizione delle controversie pendenti, quest’ultima “assorbirebbe” di fatto la rottamazione. Invece, si vuole a tutti i costi che chi ha fatto domanda di rottamazione debba provvedere a quest’ultima, con tutta una serie di problematiche legate, ad esempio, al diverso numero delle rate e al diverso momento di perfezionamento tra le due sanatorie.

Il motivo di tutto questo? L’aggio o nuovo onere di riscossione, visto che solamente nell’ipotesi della rottamazione quest’ultimo verrebbe (in parte) salvaguardato per Equitalia o, comunque, per la nuova Agenzia delle Entrate-Riscossione. Soggetti e tema non mutano, quindi, anche modificandone il nome, posto che la rappresentazione è, da troppo tempo, sempre la stessa.

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