Il CommentoImposte

La dissimulazione già permette di unificare cessioni spezzatino

Il potere di rettifica del reddito dichiarato può essere utilizzato anche per gli atti portati alla registrazione

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Sul rinvio alla Corte di giustizia, da parte della Cassazione (ordinanza n. 10283/22 - si veda Il Sole 24 Ore del 1 ° aprile), della previsione dell’articolo 20 del registro, nella parte in cui non consentirebbe di riqualificare come cessione unitaria di azienda le cessioni dei singoli beni assoggettate ad Iva (cosiddetta “cessione spezzatino”), si annidano una serie di fraintendimenti.
Il primo riguarda il fatto che l’articolo 20 del Dpr 131/1986 si porrebbe in contrasto con la direttiva 2006/112/CE. Qui, più che di fraintendimento, si tratta di un vero e proprio errore di prospettiva: l’articolo 20 non è una norma relativa alla disciplina dell’Iva, sicché non può essere valutata in termini di compatibilità (o meno) unionale.
Ad ogni modo, la questione cruciale e spesso trascurata – relativamente alla presunta impossibilità di riqualificare l’operazione anche ricorrendo ad elementi cosiddetti “extratestuali” e ad “atti ad essa collegati” – si pone nella correlazione tra l’articolo 20 e l’articolo 53-bis del Dpr 131/1986. Quest’ultima norma prevede che «fermo restando quanto previsto dall’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212», le attribuzioni e i poteri di cui agli articoli 31 e seguenti del Dpr 600/1973 trovano applicazione anche ai fini dell’imposta di registro.
In sostanza, la previsione stabilisce:
Ola (ovvia) applicazione dell’abuso del diritto per l’imposta di registro;

Ola possibilità di utilizzare i poteri e le attribuzioni previsti dal titolo IV del Dpr 600/1973 che disciplina l’accertamento e i controlli ai fini delle imposte sui redditi.

Si noti, a quest’ultimo riguardo, che per l’imposta di registro l’articolo 53-bis del Dpr 131/1986 richiama le disposizioni del Dpr 600/1973 che si riferiscono all’attività istruttoria – i poteri e le attribuzioni appunto – e non, evidentemente, le previsioni dello stesso Dpr n. 600 che si riferiscono alla rettifica vera e propria del reddito dichiarato (o non dichiarato) dal contribuente. In pratica, ai fini dell’imposta di registro possono essere utilizzati – con gli opportuni accorgimenti – i poteri e le attribuzioni che risultano disciplinati dagli articoli 31, 32, 33, 36 e 37 del Dpr 600/1973. Quest’ultimo, in particolare, disciplina il «controllo delle dichiarazioni» che nulla vieta possa essere adattato anche al controllo degli atti soggetti a registrazione. Tra le disposizioni in esso contenute vi è quella del comma 3 che per, costante giurisprudenza di legittimità, trova applicazione non soltanto per l’interposizione fittizia, ma anche per tutti i fenomeni simulatori/dissimulatori.
Questo per dire che, nonostante la previsione del comma 3 dell’articolo 37 menzioni i “redditi”, niente impedisce agli uffici di impiegare la medesima disposizione per l’imposta di registro, in modo da provvedere alla rettifica degli atti portati alla registrazione contestando la simulazione/dissimulazione delle operazioni poste in essere.
In questo contesto risulta di fondamentale importanza il distinguo tra abuso del diritto e fenomeni simulatori/dissimulatori. Come altre volte si è avuto modo di rilevare, nell’abuso del diritto non vi è alcuna finzione o “travestimento”: i soggetti vogliono proprio gli effetti di quel particolare negozio, ivi inclusi i vantaggi fiscali che, tuttavia, risultano indebiti. L’elusione non implica affatto una divergenza tra la fattispecie realizzata e quella dichiarata, ed è per questo che nonostante l’infelice formulazione dell’articolo 10-bis, l’Agenzia non può affatto sostituire la forma giuridica lecita utilizzata con altra, fiscalmente più onerosa. È solo il vantaggio indebito che deve essere rettificato. La divergenza, invece, tra quanto dichiarato e quanto realmente posto in essere si realizza nei fenomeni simulatori/dissimulatori.
È chiaro quindi che – a ben vedere anche trascendendo l’articolo 37 del Dpr 600/1973 - nulla vieta agli uffici di riqualificare pure ai fini del registro la dissimulazione della “cessione spezzatino” in cessione d’azienda, anche sulla base di presunzioni semplici. Senza scomodare la Corte di giustizia.