La fideiussione non muta l’accomandante in gestore
Non compie un atto di gestione della società in accomandita semplice (e, quindi, non diventa socio illimitatamente responsabile) l’accomandante che rilascia garanzie a favore della società o che concede finanziamenti a favore della società. È nulla la clausola statutaria (ed è pure nullo il patto parasociale) che disponga l’obbligo dell’accomandante di concorrere alla copertura di eventuali perdite maturate in capo alla società.
È quanto deciso dal Tribunale di Catania nella sentenza n. 1539 del 29 marzo 2017, ma resa pubblica solo di recente, in un caso nel quale la corte siciliana è stata chiamata a giudicare la legittimità di una deliberazione di esclusione dei soci accomandanti di una Sas, motivata dal fatto che essi erano stati ritenuti gravemente inadempienti alle obbligazioni derivanti dalla legge o dal contratto sociale (ai sensi dell’articolo 2286 del Codice civile) per non aver «adempiuto alle obbligazioni sociali oltre i limiti della quota di conferimento iniziale».
Gli accomandanti esclusi erano stati ritenuti aver assunto l’illimitata responsabilità per le obbligazioni sociali a causa del fatto di essersi ingeriti nella gestione della società stessa mediante: il rilascio di fideiussioni a favore della società, la concessione di finanziamenti alla società, la presenza nei locali della società, la firma occasionale di bolle di consegna e di fatture.
L’articolo 2320 del Codice civile stabilisce che «i soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società»; e che se il socio accomandante «contravviene a tale divieto, assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso» dalla società.
Secondo il Tribunale di Catania, per qualificare come “gestorio” un atto compiuto dal socio accomandante, è necessario che si tratti di un atto di «carattere non meramente esecutivo» quanto piuttosto «decisionale e autonomamente orientato, non ritenendosi sufficiente il compimento da parte dell’accomandante, di atti riguardanti il momento esecutivo dei rapporti obbligatori della società».
In particolare, comporta la violazione del divieto di “immissione” (ingerenza) nella gestione della società il compimento, da parte del socio accomandante, di funzioni gestorie «che si concretizzino nella direzione delle attività sociali, dunque di scelte proprie del titolare dell’impresa; tali non sono comportamenti riguardanti il momento esecutivo dei rapporti obbligatori della società, quali la prestazione di garanzie, né il prelievo di fondi dalle casse sociali per esigenze personali» (Cassazione n. 13468/2010).
Ebbene, secondo la corte siciliana, la prestazione di garanzia in favore della società, il finanziamento di specifiche attività sociali su richiesta dell’amministratore e la messa a disposizione di liquidità per fronteggiare spese della società sono attività da intendere non come atti di gestione ma inerenti alla fase esecutiva dell’assunzione di obbligazioni. Pertanto, sono atti che non comportano violazione del dovere di immistione nella gestione della società e, di conseguenza, non comportano l’assunzione, da parte dell’accomandante, della responsabilità illimitata per le obbligazioni della società.
Sarebbe comunque nulla una clausola statutaria che disponesse l’obbligo dell’accomandante di concorrere all’adempimento delle obbligazioni sociali (e, quindi, ad effettuare esborsi ulteriori rispetto al capitale inizialmente conferito) così come sarebbe inefficace ogni impegno che egli, anche a prescindere dall’esistenza di una clausola statutaria in tal senso, assumesse circa l’adempimento delle obbligazioni gravanti sulla società.
Tribunale Catania, sentenza 1539/2017