La «filosofia» dell’Iri rischia di andare in tilt
La vicenda dell’Iri (la nuova imposta sul reddito d’impresa) risulta paradigmatica delle cose fiscali.
La norma prevede la tassazione (separata) opzionale del reddito (di società di persone, ditte individuali e “piccole Srl trasparenti”) nella misura del 24 per cento.
La stessa norma stabilisce che si deducono (e costituiscono, a loro volta, reddito d’impresa - tassato ordinariamente - per chi le percepisce) le somme prelevate dai soci e dal titolare dell’impresa individuale «a carico dell’utile dell’esercizio e delle riserve di utili». Il riferimento «a carico dell’utile dell’esercizio e delle riserve di utili» sta a significare che le riprese fiscali nel “mondo Iri” risultano definitivamente tassate al 24 per cento, per cui chi ha importanti variazioni fiscali in aumento ha sicuramente una convenienza ad applicare la nuova imposta.
Di tutto ciò in molti non se ne erano avveduti, e ora la cosa sta mandando in tilt la “filosofia” certamente positiva della norma.
La questione è: tutta una serie di spese non inerenti (tipo la vacanza del socio/imprenditore) vengono dunque tassate al 24 per cento? In sostanza, si vorrebbero far “confluire” nell’attività tutta una serie di vicende chiaramente di tipo personale di modo che il reddito (fittiziamente ridotto da tale “vicende”) venga poi tassato, per la misura delle stesse, al 24 per cento in luogo delle aliquote ordinarie progressive dello stesso socio/imprenditore.
La prima cosa che colpisce è l’ “automatismo” fatto da molti secondo cui «fatta la legge, fatto l’inganno». Si tratta di un “automatismo” che non attiene solamente a questioni antropologiche, di “latitudine”, ma che fotografa bene la attuale situazione fiscale italiana: la misura è davvero colma, il sistema non è più credibile. Pertanto, appena si presenta l’occasione, il cittadino/contribuente (che è il naturale “antagonista” dello Stato) evade o elude.
E qui subentra un dato più tecnico: in molti hanno già rilevato che se, ad esempio, vengono imputate al soggetto Iri tutta una serie di vicende personali del socio/imprenditore, (che verrebbero tassate al 24 per cento) si realizzerebbe una evidente elusione (ora, abuso del diritto). Questo perché queste spese personali rappresenterebbero, in realtà, dei prelievi rilevanti ai fini Iri.
Ci può stare: ma non la si definisca, per favore, elusione. Si tratta di evasione bella e buona. In sostanza, degli evidenti prelievi del socio/imprenditore vengono fatti assumere le sembianze di spese indeducibili non inerenti. Quindi, è chiaramente un fenomeno di evasione. Non ci si stancherà mai di rappresentare che nell’elusione i comportamenti, i contratti, i negozi, sono legittimi: è il vantaggio fiscale ottenuto che risulta indebito. Quando invece si occulta, si “traveste”, si altera in sostanza, si è sempre in presenza di evasione perché si agisce contra legem.
Quindi, bene farà l’amministrazione a rettificare simili comportamenti, auspicando che non siano così frequenti. Anche perché l’Iri qualche vantaggio ce l’ha. Peccato metterlo in discussione con comportamenti davvero di piccolo cabotaggio.