Imposte

La manovrina penalizza le imprese: compensazioni e detrazioni Iva a ostacoli

di Raffaele Rizzardi


Il decreto legge di Pasqua, oggetto di conversione con la legge 96, entrata in vigore il 24 giugno scorso, si occupa di Iva anche in tema di compensazioni e di esercizio del diritto di detrazione.
Sul primo punto vogliamo evidenziare una piccola rettifica favorevole e di buon senso. Le disposizioni precedenti consentivano la compensazione solo il giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza trimestrale.
Ovvio che contribuenti e consulenti non tenevano tutto in sospeso sino a tale data per i pagamenti online nei sistemi delle banche, che consentono di caricare gli F24 anche prima, indicando la data di esecuzione. Ma nel caso di compensazione orizzontale, cioè tra tributi diversi (si veda la risoluzione 68/E del 9 giugno scorso ), gestita obbligatoriamente per il tramite dell’agenzia delleEntrate, occorre rispettare la data di inserimento nella procedura.
Sarà ora possibile operare dal decimo giorno successivo.
Per il resto dobbiamo parlare di aggravio della procedura, con l’obbligo del visto di conformità per compensazioni superiori a 5.000 euro annui (cumulando quindi la richiesta annuale con le eventuali trimestrali), per crediti sia rivenienti dalla dichiarazione annuale che dalle istanze trimestrali.
Piena di problemi è la riduzione di due anni della scadenza per l’esercizio del diritto di detrazione, tenendo conto che questo termine viene usato a sproposito in altri articoli della legge Iva, come il 26 relativo alle note di variazione, piuttosto che il 30 per il riporto del credito all’anno successivo.
La modifica ha una finalità ben precisa, che non è quella di contrastare l’evasione (solo questa è la motivazione formale dell’estensione dello split payment), ma di consentire l’incrocio tra gli spesometri dei fornitori e quelli dei clienti.
Con la possibilità precedente di esercitare la detrazione sino al termine della dichiarazione del secondo periodo di imposta successivo, l’incrocio dei dati rischiava di rimanere in sospeso per un lungo periodo, anche se di regola si sarebbe trattato di fatture di modesto importo, in quanto chi può detrarre cifre rilevanti non aspetta.
Una ricaduta indiretta di questa abbreviazione dei termini interessa le imprese in contabilità semplificata, che da quest’anno sono tassate per cassa, criterio peraltro opzionabile con il criterio di registrazione Iva. Significativa al riguardo è la risposta 8.5 della circolare Telefisco (n. 8/E del 7 aprile 2017): utilizzando questo criterio, il soggetto in semplificato fa valere le norme Iva anche per la deduzione dei costi.
Il tema sottostante è quello – tuttora non chiarito – della irrilevanza delle rimanenze finali e del conseguente rischio di chiudere il 2017 con una perdita che non potrà essere utilizzata. Una via di fuga sarebbe stata quella di rinviare all’anno successivo le fatture che avrebbero determinato un risultato negativo.
Ora non più: i contribuenti decadono dal fondamentale diritto di detrazione, quello cioè che distingue l’Iva da qualsiasi altro tributo, se non detraggono l’imposta nella dichiarazione relativa all’anno in cui il tributo è diventato esigibile per il fornitore.
Dovrà essere comunque chiarita la sorte delle consegne di dicembre fatturate entro il 15 gennaio dell’anno successivo: per l’articolo 19 legge Iva devono essere “scaricate” con la dichiarazione dell’anno di competenza, per l’articolo 26 (ma anche per i programmi informatici vigenti) la fattura deve essere registrata in gennaio, cioè l’anno dopo. Ma la detrazione non è ammessa se la fattura non è registrata. Dovremo istituire un registro “dicembre-bis”? Speriamo che ci dicano come dobbiamo comportarci.

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