La partecipazione minoritaria «salva» l’impresa dalle norme transfer pricing
La Ctr di Bolzano esclude l’applicazione e dà ragione all’azienda con il 48% di quote. I mutui infruttiferi possonorispondere comunque alle logiche del mercato
Nella sentenza 55/2 del 4 dicembre 2020 i giudici della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano (presidente Rispoli, relatore Fleischmann) si sono espressi sull’applicabilità della normativa sui prezzi di trasferimento a un finanziamento infruttifero tra società con vincolo di partecipazione del 48 per cento.
La vicenda
Il caso riguarda un contribuente italiano cui sono stati notificati tre avvisi di accertamento relativi agli anni 2016, 2017 e 2018 per violazione dell’articolo 110, comma 7, del Tuir, dovuta all’omessa applicazione di interessi su un finanziamento concesso ad una società cilena controllata al 48 per cento. In particolare, l’ufficio aveva ripreso a tassazione il valore degli interessi che sarebbero stati dovuti in applicazione del principio di libera concorrenza.
La decisione
I giudici di secondo grado hanno rigettato l’appello dell’ufficio contro la sentenza di primo grado, favorevole al contribuente. Le motivazioni riguardano sia il requisito soggettivo che oggettivo per l’applicazione della normativa di transfer pricing.
In relazione al primo aspetto, secondo i giudici la partecipazione del 48% è una partecipazione minoritaria che non consente di esercitare il controllo né di diritto né di fatto sulla società cilena. In particolare, la partecipata era amministrata da tre direttori che dovevano prendere decisioni all’unanimità, di cui solo uno era nominato dalla contribuente. L’esistenza di tale rapporto partecipativo consentiva di esercitare una certa influenza, ma non integrava il requisito del controllo. Per tali motivi le due società non potevano essere considerate come imprese associate facenti parte dello stesso gruppo e di conseguenza l’articolo 110, comma 7, del Tuir non era applicabile.
Il principio
Il principio è condivisibile. Non vi sono dubbi che una partecipazione inferiore al 50%, in assenza di ulteriori elementi, non integra il requisito soggettivo. Dovrebbe esserci infatti influenza dominante sulla base di vincoli azionari o contrattuali secondo quanto previsto dal Dm del 14 maggio 2018 o influenza sulle decisioni imprenditoriali secondo quanto indicato in precedenza dalla circolare 32/1980. Tali elementi dovevano essere provati dall’ufficio (Cassazione 28335/2018) ma non sembrano emergere dai fatti descritti nella sentenza.
Il requisito soggettivo
Anche se tali considerazioni sono sufficienti a risolvere la controversia vi è qualche perplessità sulla conclusione dei giudici in relazione al requisito oggettivo. Secondo la Ctr l’ufficio non ha provato l’esistenza di componenti reddituali ai quali sarebbe applicabile l’articolo 110, comma 7 del Tuir arrivando così a tassare proventi meramente figurativi ed ipotetici. In senso contrario si è espressa di recente la Cassazione (21828/2020) secondo cui l’eventuale infruttuosità del finanziamento concordata tra le parti non esclude di per sé l’applicazione delle disposizioni sui prezzi di trasferimento.
Più convincente è invece il passaggio in cui i giudici sottolineano che nel nostro ordinamento giuridico non vi è una presunzione assoluta di onerosità, per cui anche un finanziamento non oneroso può essere conforme con il principio di libera concorrenza. Vi possono infatti essere vari casi in cui la stipula di un prestito infruttifero risponde a logiche di mercato (Ctp Milano 7019/12/17).