Controlli e liti

La passività fittizia non determina maggiore imposta

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di Laura Ambrosi

Se l’amministrazione finanziaria ritiene inesistenti delle passività iscritte in bilancio, non può assoggettare a tassazione la conseguente sopravvenienza. La norma del decreto internazionalizzazione che ha escluso la possibilità per il fisco di presumere nella cessione di un immobile la plusvalenza Irpef sulla base del valore accertato ai fini del registro ha effetto retroattivo e si applica anche in caso di maggiore importo determinato per l’Invim. A fornire questi principi è la Corte di cassazione con due sentenze depositate ieri.

Partiamo dalla sentenza sulle sopravvenienze da debiti fittizi. Non di rado, la Gdf o l’agenzia delle Entrate quando contestano la registrazione in contabilità di fatture di acquisto relative a operazioni inesistenti, rilevano la sopravvenienza attiva derivante dall’annullamento del debito (fittizio) dei fornitori emittenti queste fatture. Ne consegue, quindi, l’assoggettamento a tassazione della sopravvenienza attiva.

La Cassazione con la sentenza 19219/2017 depositata ieri ha fornito un importante chiarimento sul punto. I giudici di legittimità hanno innanzitutto rilevato che la norma (articolo 55 del Tuir) prevede la tassazione della «sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in precedenti esercizi». L’insussistenza delle passività va intesa come «sopravvenuta» in tutti i casi in cui per qualsiasi ragione, la posizione debitoria debba ritenersi cessata divenendo una posta attiva assoggettabile a tassazione. Secondo quanto precisato dalla Cassazione, però, è irrilevante a tal fine, la passività fittizia, cioè inesistente, poiché la sopravvenienza attiva si realizza solo venendo meno successivamente una passività effettivamente esistente. La norma, infatti, dà valenza all’eliminazione di una passività fittizia solo per decisione discrezionale del contribuente.

Passiamo ora alla plusvalenza Irpef da Invim. La Cassazione, con l’ ordinanza 19228/2017 depositata sempre ieri, ha fornito un’interpretazione estensiva della norma prevista dal decreto internazionalizzazione secondo la quale non è possibile rettificare la plusvalenza ai fini Irpef in conseguenza di accertamenti definitivi di imposta registro.

Nella specie l’agenzia delle Entrate aveva preteso Irpef rettificando una plusvalenza in base al valore Invim dichiarato in sede di cessione di un terreno. L’articolo 5, comma 3 del decreto legislativo 147/2015 ha escluso che l’amministrazione finanziaria possa accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o comunque definito ai fini dell’imposta di registro.

La Corte ha già avuto modo di precisare che tale norma è di interpretazione autentica e pertanto ha efficacia retroattiva (Cass. nr. 12265/2017 e 11543/2016). I giudici, confermando l’effetto retroattivo, hanno ora ritenuto che la nuova norma trovi applicazione anche per il valore utilizzato ai fini Invim, nonostante testualmente la disposizione faccia riferimento alle imposte di registro, ipotecaria e catastale. Anche ai fini Invim, infatti, la base imponibile è costituita dal valore dell’immobile, mentre per l’Irpef ciò che rileva è il corrispettivo percepito al netto dei costi. Secondo la Cassazione, il contenuto della norma è solo esemplificativo e la ratio, più generale, è fondata sulla non assimilazione della base imponibile tra diversi tipi di imposte.

Cassazione, sentenza 19219/2017

Cassazione, ordinanza 19228/2017

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