La prova non deve essere «diabolica»
Le difformità di trattamento investono anche la prova di resistenza richiesta ai fini della declaratoria di nullità dell’accertamento emesso in assenza di contraddittorio. Va evidenziato, in primis, che secondo la Corte di giustizia Ue, la prova non si deve certo tradurre in una prognosi anticipata dell’esito di un futuro processo. Il contribuente non deve dunque dimostrare che le ragioni che avrebbe addotto sarebbero state sufficienti per l’accoglimento del ricorso o comunque per l’annullamento dell’accertamento. Se così fosse infatti il contraddittorio preventivo richiederebbe delle doti profetiche e non risulterebbe quasi mai rispettato. Tant’è che «non si può obbligare la ricorrente a dimostrare che la decisione amministrativa avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che tale ipotesi non va totalmente esclusa» (Cgue, C-141/08. Nello stesso senso, da ultimo, si veda Cgue, cause riunite C-659/13 e C-34/14). È a tali principi che si ispira la sentenza Kamino dei giudici di Bruxelles (cause riunite C-129/14 e C-130/13), ampiamente richiamata nella citata sentenza 24823/2015 delle Sezioni unite.
Secondo la Cassazione, inoltre, quando si controverte di fattispecie interne in cui il diritto al contraddittorio è garantito, la prova di resistenza non trova mai applicazione (sentenza 25265/2017). Questo però determina delle situazioni paradossali. Si pensi alla questione dell’iscrizione di ipoteca. In base all’articolo 77 del Dpr 602/1973, l’ipoteca deve essere preceduta da un preavviso, contenente l’intimazione a versare le somme dovute entro 30 giorni. La Corte, già con la pronuncia a Sezioni unite 19667/2014, ha affermato la nullità dell’ipoteca non preceduta da preavviso, anche prima che quest’ultimo fosse previsto dalla legge. Il medesimo criterio di diritto è stato poi ribadito nelle sentenze 380/2017 e 14852/2017.
Ne deriva che mentre l’ipoteca iscritta senza preavviso è sempre nulla, un accertamento Iva, anche complesso, emesso in assenza di contraddittorio non è detto che lo sia. Ma è del tutto evidente lo squilibrio tra le due situazioni. Nel caso dell’ipoteca, infatti, trattandosi di un atto terminale del procedimento di attuazione del tributo, non è frequente che il contribuente abbia osservazioni rilevanti da formulare. Si pensi, inoltre, a una verifica eseguita ai fini di imposte dirette e Iva, con emissione dell’atto di accertamento prima del decorso di 60 giorni. La nullità è certa per le dirette, mentre ai fini Iva occorre dimostrare la rilevanza delle formulazioni potenzialmente deducibili (Cassazione, sentenza 2873/2018).