La ricostruzione delle informazioni bancarie resta fuori dal contraddittorio
Nell’ambito dell’accertamento, la liceità della ricostruzione della base imponibile, attraverso l’impiego delle movimentazioni bancarie acquisite, non è condizionata dalla sussistenza del contraddittorio con il contribuente nel corso della fase amministrativa, in quanto l’esortazione a fornire informazioni, notizie e chiarimenti in merito alle operazioni annotate nei conti bancari rappresenta, per l’amministrazione finanziaria, una semplice facoltà, da esercitarsi in totale discrezionalità e pertanto non è un obbligo, per cui dal mancato esercizio di tale facoltà non scaturisce alcuna illegittimità della rettifica operata in forza dei correlati accertamenti. A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione attraverso l’ordinanza n. 415/2018, depositata in cancelleria l’undici gennaio 2018.
Con sentenza datata 22 febbraio 2016, la Ctr della Sicilia respingeva l’appello principale proposto dall’agenzia delle Entrate, nonché quello incidentale proposto dal contribuente, avverso la sentenza n. 366/3/12 della Ctp di Enna che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento. La Ctr osservava in particolare che la violazione del contraddittorio endoprocedimentale degradava le presunzioni fondanti la tipologia accertativa utilizzata dall’ente impositore da legali a semplici e come tali non ne riconosceva i requisiti legali di ammissibilità. Rilevava peraltro che la Ctp aveva puntualmente e adeguatamente argomentato in ordine alla riduzione del quantum delle pretese fiscali azionate, anche con riguardo alle controprove offerte dal contribuente.
Contro questa decisione della Ctr l’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione.
A parere dei giudici, le censure risultano essere fondate, in quanto in tema di accertamento delle imposte la legittimità della ricostruzione della base imponibile mediante l’utilizzo delle movimentazioni bancarie acquisite non è subordinata al contraddittorio con il contribuente, anticipato alla fase amministrativa, in quanto l’invito a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari costituisce per l’ufficio una mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità, e non un obbligo, sicché dal mancato esercizio di tale facoltà non deriva alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti, mentre in tema di accertamento delle imposte sul reddito, il Dpr 29 settembre 1973, n. 600, articolo 32 nella parte in cui prevede l’invito al contribuente a fornire dati e notizie in ordine agli accertamenti bancari, attribuisce all’ufficio una mera facoltà, il cui mancato esercizio non determina l’illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamenti, né comporta la trasformazione della presunzione legale posta dalla norma in presunzione semplice, con possibilità per il giudice di valutarne liberamente la gravità, la precisione e la concordanza e con il conseguente onere per il fisco di fornire ulteriori elementi di riscontro.
Tutto ciò in quanto, atteso il tenore letterale della disposizione e la discrezionalità espressamente prevista, non può ritenersi obbligatoria la convocazione del contribuente in sede amministrativa prima dell’accertamento, né può sostenersi che siffatta discrezionalità violi il diritto di difesa, potendo l’ufficio procedere al ritiro eventuale del provvedimento, nell’esercizio del potere di autotutela, in caso di osservazioni e/o giustificazioni proposte.
Inoltre, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’articolo 32 Dpr n. 600 del 1973, a parere del collegio di legittimità, prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi e a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative.
A parere della Corte, la sentenza impugnata risulta pertanto essere radicalmente difforme da tutti i princìpi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, in particolare sul punto della qualificazione delle presunzioni utilizzate con l’atto impositivo impugnato e della correlativa applicazione della regola di giudizio.
Tuttavia, a nostro avviso, la circostanza che si tratti di presunzione legale relativa non risulta per nulla condivisibile. La previsione dell’articolo 32 del Dpr n. 600/1973 (e dell’articolo 51 del Dpr n. 633/1972) si pone indubbiamente sul piano istruttorio. L’articolo 32 disciplina pertanto qualche cosa che sta a monte rispetto all’avviso di accertamento, il quale può risultare notificabile esclusivamente in seguito all’esperimento dell’attività istruttoria.
La disciplina è finalizzata a fare acquisire all’agenzia delle Entrate semplicemente le informazioni tributarie rilevanti. La disposizione, tra l’altro, valorizza la portata dell’istituto del contraddittorio preventivo rispetto all’avviso di accertamento il quale, nel caso delle indagini finanziarie, deve reputarsi obbligatorio. Tanto è vero che la disciplina dispone espressamente che le richieste formulate e le risposte ricevute devono risultare da verbale sottoscritto anche dal contribuente.