La riduzione del capitale non sempre si tassa
Una Srl è oggetto di verifica da parte dell’agenzia delle Entrate relativamente al 2014.
In tale anno la Srl ha ridotto il capitale sociale (per evitare la nomina del revisore) senza alcuna distribuzione ai soci. Il capitale sociale era stato in larga parte aumentato in anni pregressi a titolo gratuito mediante utilizzo di riserve di utili. L’agenzia delle Entrate contesta, ai sensi dell’articolo 47, comma 6, del Tuir il conseguimento di un reddito (dividendo) in capo ai soci.
A parere del sottoscritto la contestazione è infondata in quanto i soci non hanno percepito alcun dividendo non essendo intervenuta alcuna erogazione di denaro da parte della società; l’operazione ha comportato solo lo spostamento di valori all’interno del patrimonio netto. Qual è la vostra opinione?
LA RISPOSTA DI
Le operazioni sul capitale eseguite da una società di norma dovrebbero presentare solo riflessi sul costo della partecipazione e non materia imponibile, ma talvolta si verificano ipotesi che possono generare reddito, almeno secondo l’interpretazione letterale proposta dall’agenzia delle Entrate. È questo il caso della società che ci è stato segnalato alla casella ilmiogiornale@ilsole24ore.com oggetto di un avviso di accertamento.
L’agenzia delle Entrate, nel caso del quesito, sostiene che la mera riduzione di capitale sociale determini l’insorgenza di reddito da capitale in capo ai singoli soci, esattamente come se le riserve di utili fossero state distribuite.
Il problema nasce dalla diversa conseguenza fiscale che si manifesta attribuendo ai soci riserve di capitale (anche tramite riduzione di capitale sociale) o, al contrario riserve di utili.
L’articolo 47 del Tuir, distingue tali fattispecie affermando che le distribuzioni di riserve di utili formano reddito da capitale (dividendo) in capo al socio ( articolo 47, comma 1, Tuir) , mentre l’attribuzione di riserve di capitali non formano reddito, ma viene ridotto il valore fiscale della partecipazione ( articolo 47, comma 5 del Tuir).
In linea generale quando è ridotto il capitale sociale non si ha alcuna conseguenza reddituale in capo al socio, che si limita a vedere restituito parte del suo conferimento inziale e riduce, per pari importo, il valore fiscale della partecipazione. Ma quando il capitale sociale è stato aumentato con imputazione di riserve di utili, in caso di successiva riduzione e attribuzione ai soci sono proprio le ex riserve di utili a venire attribuite, pertanto, ex articolo 47, comma 6 del Tuir, questa riduzione genera dividendi tassabili in capo ai soci. La ratio della norma è chiara: se il capitale sociale in parte restituito non ha solo natura di apporto ma contiene anche utili, la sua riduzione è parificata al dividendo. Questo è il significato del comma 6, il quale, per una stesura lessicale infelice dice testualmente che la “«riduzione del capitale esuberante successivamente deliberata è considerata distribuzione di utili».
Questo passaggio, se applicato letteralmente porterebbe a concludere che la mera riduzione del capitale sociale è distribuzione di denaro ai soci. La norma, però, va letta in senso razionale e cioè che la riduzione di capitale sociale è parificata alla distribuzione, ma gli effetti in capo al socio di quest’ultima si verificano solo quando la distribuzione sia materialmente eseguita.
Bisogna ricordare, infatti, che i redditi di capitale sono presidiati dal principio di cassa, per cui senza materiale incasso non può aversi tassazione sul socio. Se il capitale viene ridotto, ma la riserva di utili così formata non viene materialmente attribuita al socio, questi non può subire tassazione alcuna poiché manca l’elemento essenziale della tassazione del dividendo: l’effettivo incasso della somma.