La riorganizzazione delle Entrate deve passare per gli uffici locali
La notizia della riorganizzazione dell’agenzia delle Entrate - anticipata ieri - va salutata con favore, non fosse altro perché finalizzata a migliorare il rapporto tra fisco e contribuente. Va detto però che nell’ultimo decennio di riorganizzazioni, soprattutto a livello centrale, ve ne sono state molteplici, talvolta prevedendo nuove figure apicali, altre incrementando o modificando gli uffici dirigenziali non di vertice, altre ancora mutando le denominazioni o – per usare termini che sembrano conferire maggiore appeal all’intervento – la “mission” della struttura stessa.
In queste riorganizzazioni la motivazione prevalente è stata, in genere, il miglioramento del rapporto fisco/contribuente e il potenziamento del contrasto all’evasione. Ora l’ennesima riorganizzazione, che testimonia, evidentemente, che le precedenti non avevano colto nel segno.
In realtà sarebbe sufficiente ascoltare i contribuenti, i professionisti e le imprese che, ogni giorno, hanno rapporti con gli uffici dell’agenzia, per rendersi conto che i veri problemi (e da qui i dissapori, le lamentele e la scarsa credibilità) non riguardano quasi mai le strutture centrali ma gli uffici locali o quantomeno vi è la sensazione di un totale scollamento tra centro, periferia e uffici stessi.
Così ogni direzione provinciale di fronte alla medesima situazione adotta comportamenti differenti. Non di rado, ad esempio, in sede di controllo, in presenza della stessa operazione dell’impresa, un ufficio la ritiene regolare, un altro irroga le sanzioni. Per il medesimo avviso bonario o controllo formale infondato un operatore si esprime in un modo e un altro in maniera differente. Sul contenzioso la situazione non è migliore. La stessa pretesa viene abbandonata da un ufficio in sede di mediazione, mentre da un altro viene proseguita fino in Cassazione. Ci sono uffici che ignorano interpelli e direttive delle direzioni centrali e, per far abbandonare la pretesa infondata (censurata pure dalla struttura centrale), occorre ricorrere in commissione tributaria, con tutti i danni economici che ne derivano, quasi mai seriamente ristorati dai giudici tributari. Talvolta viene formulato lo stesso rilievo per più periodi di imposta con decisioni dell’Agenzia totalmente opposte: per l’uno, l’ufficio (o il team) non appella la sentenza sfavorevole, per l’altro un differente ufficio (o team) va avanti fino alla Cassazione.
Sono queste situazioni che minano fortemente il rapporto con il contribuente, che sfiduciano le imprese oneste e che diventano fortemente imbarazzanti da spiegare agli imprenditori stranieri. Sono atteggiamenti che paradossalmente colpiscono gli onesti e rischiano di favorire gli evasori. Aldilà delle norme, difficili da intrepretare, all’amministrazione viene richiesto un comportamento uniforme, coerente, non lasciato all’occasionalità o alla sorte dell’incontro con il funzionario più o meno attento o comprensivo.
C’è quindi da sperare che, mutando la denominazione delle strutture centrali e incrementando i posti dei dirigenti di vertice, questi problemi vengano risolti, altrimenti, occorrerà attendere una nuova riorganizzazione.