La risposta all'interpello disapplicativo è un atto impugnabile
La replica dell'Ufficio a un’istanza di interpello disapplicativo, depositata da una società per rendere inerte la presunzione di non operatività, è un atto impugnabile alla commissione tributaria. È scritto nella sentenza della Ctr di Milano n. 3013/2017, ancorando la decisione a un precedente della Corte corte di Cassazione (n. 17010/2012).
Prima delle modifiche apportate dal Dlgs 156/2015, l'interpello era solo un'istanza con cui il contribuente chiedeva chiarimenti all'Ufficio prima di compiere atti fiscalmente rilevanti, per avere indicazioni su interpretazione, applicazione o disapplicazione di norme afferenti a tributi erariali, presentando un caso concreto.
Interpelli sulle società di comodo
La disciplina delle società di comodo è accolta nell'articolo 30 della legge 724/1994 (modificato dal Dl 223/2006 e dal Dl 138/2011), e scoraggia l'impiego dello scudo societario finalizzato alla semplice disponibilità di beni. La norma contempla che le società si considerano non operative nell'ipotesi in cui la totalizzazione dei ricavi emergenti dal conto economico si riveli inferiore a un livello minimo, individuato applicando delle percentuali al valore di alcuni beni rappresentati nell'attivo patrimoniale.
La possibilità di impugnare le risposte agli interpelli rientranti in questa tipologia è risultata a lungo controversa, sebbene parte della giurisprudenza ritenesse impugnabile il diniego espresso dall’amministrazione ginanziaria. La Cassazione, con le sentenze n. 17010/2012 e n. 11929/2014, aveva sancito che il contribuente, pur non essendo obbligato, avesse la possibilità di adire il giudice tributario preventivamente e autonomamente rispetto al susseguente atto impositivo convenzionale.
A parere della Ctr Lombardia l'impugnazione del diniego all'istanza di interpello non può ricadere nella famiglia degli atti di diniego delle agevolazioni tributarie e pertanto il contribuente non è soggetto ad alcuna decadenza nell'ipotesi di indolenza, diversamente da quanto si verifica nella circostanza di omessa impugnazione di un atto autonomamente impugnabile e tra quelli elencati nell’articolo 19 del Dlgs 546/1992.
A parere dei giudici tributari, inoltre, il diniego manifestato dall'ufficio impositore ha un immediato impatto sulla sfera giuridica del contribuente, costituendo l'anticipazione di un successivo atto impositivo. Pertanto, coerentemente con quanto disposto dalla Cassazionme con la sentenza n. 17010/2012, «la risposta all'interpello, positiva o negativa, costituisce il primo atto con il quale l'amministrazione, a seguito di una fase istruttoria e di una valutazione tecnica, e con particolari garanzie procedimento/i, porta a conoscenza del contribuente, in via preventiva, il proprio convincimento in ordine a una specifica richiesta, relativa a un rapporto tributario, con l'immediato effetto di incidere sulla condotta del soggetto istante in ordine alla dichiarazione dei redditi in relazione alla quale l'istanza è stata inoltrata».
La Ctr Lombardia, quindi, ha affermato che dalle peculiarità del provvedimento di diniego scaturiscono due conseguenze immediate: l'interesse immediato del contribuente a invocare l'intervento giurisdizionale, senza attendere il successivo atto impositivo; la necessità di fornire un'interpretazione estensiva dell'articolo 19 del Dlgs 546/1992 che prescinda dal «nomen iuris» dei singoli atti impugnabili elencati e ne valorizzi l'aspetto funzionale, in un'ottica di riconoscimento del diritto di difesa del contribuente. Per i giudici milanesi, infatti, il riconoscimento dell'autonoma impugnabilità del rigetto di interpello “disapplicativo” risponde anche al buon andamento della Pa, inibendo preventivamente inutili attività accertative.
Appare tuttavia necessario rammentare che, attraverso il decreto di revisione della disciplina degli interpelli, la diatriba ha trovato un ancoraggio legislativo. L'articolo 6 del Dlgs 156/2015, infatti, ha stabilito la non impugnabilità delle risposte alle istanze di interpello (tra le quali rientrano quelle afferenti la società di comodo, definite facoltative ex lege), con un'unica eccezione per le risposte sugli interpelli disapplicativi (comma 2, articolo 11, dello statuto del contribuente, le uniche obbligatorie), per le quali è stato previsto che in sede di ricorso proposto avverso il successivo ed eventuale atto impositivo il contribuente può fare valere eventuali eccezioni riferibili alla risposta dell'amministrazione.
Ctr Lombardia, sentenza n.3013/2017