La sanzione gonfia il sequestro
Nei reati tributari il profitto è costituito da qualunque risparmio conseguito dal contribuente, compresi interessi e sanzioni oltre alle imposte. Ne consegue che l’eventuale sequestro preventivo va commisurato alla totalità delle somme dovute. A fornire questa rigorosa interpretazione è la terza sezione penale della Corte di cassazionecon la sentenza 267/2018 depositata ieri.
Nella vicenda oggetto del procedimento, la Procura, che perseguiva il reato di omesso versamento Iva, ricorreva in Cassazione avverso il decreto del Gip che aveva accolto in parte la sua richiesta di sequestro preventivo. Lamentava, in estrema sintesi, alcuni errori commessi dal giudice quali l’esclusione dal “profitto” dell’importo delle sanzioni dovute sul mancato pagamento dell’Iva.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso. I giudici di legittimità, innanzitutto, hanno rilevato che nei reati tributari il profitto è identificabile con qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può dunque consistere anche in un risparmio di spesa, come il mancato pagamento dell’imposta, degli interessi e delle sanzioni dovute a seguito dell’accertamento.
La decisione lascia perplessi poiché sembra fondarsi sui principi affermati da una pronuncia a Sezioni unite (n. 18374/2014) nella quale con riferimento al reato previsto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (articolo 11 del Dlgs 74/2000), è stato affermato che il profitto è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguente alla consumazione del reato. Le Sezioni unite chiarivano così che il profitto può includere anche interessi e sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario.
A ben vedere però, l’alto consesso faceva espresso riferimento all’articolo 11 del Dlgs 74/2000, ossia la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, che è però di un reato di pericolo e non di danno. Peraltro, nella specie, è la norma stessa a prevedere, nella condotta illecita, la sottrazione di garanzie all’Erario per debiti tributari, riferiti non solo alle imposte, ma anche ad interessi e sanzioni. Tutti gli altri reati, previsti dal Dlgs 74/2000, invece, si configurano semplicemente evadendo o non versando le imposte dovute in base alla dichiarazione, a prescindere dall’eventuale debenza di interessi e sanzioni che risultano così del tutto ininfluenti ai fini del delitto.
Va da sé, quindi, che nell’ipotesi di omesso versamento dell’Iva (articolo 10 ter), oggetto della pronuncia, come per la dichiarazione infedele (articolo 4), il «profitto» dovrebbe essere necessariamente circoscritto all’imposta non versata.
Tale conclusione, infatti, dovrebbe derivare non solo dal tenore delle disposizioni del Dlgs 74/2000 che definiscono esattamente cosa sia l’imposta evasa escludendo interessi e sanzioni, ma, in ogni caso, dalla circostanza fattuale che il contribuente quando ha adottato quel determinato comportamento, aveva la finalità di non versare le imposte dovute. Tanto è che, se avesse agito diversamente, avrebbe versato le imposte e non anche interessi e sanzioni.
Si pensi, ad esempio, a una omessa fatturazione di ricavi: il contribuente ha agito con la finalità di non versare imposte e infatti, se avesse emesso fatture regolarmente, avrebbe versato le imposte dovute e non anche interessi e sanzioni.
Analoghe considerazioni per l’omesso versamento Iva: il contribuente che versi il debito risultante dalla dichiarazione presentata entro il termine dell’acconto dell’anno successivo, non commette alcun reato, a prescindere dalle eventuali sanzioni ed interessi dovuti.
Alla luce di tale interpretazione, è auspicabile che la Cassazione quanto prima chiarisca se effettivamente sia corretto indistintamente per tutti i reati tributari, sequestrare e confiscare le somme riferibili non solo alle imposte, ma anche a interessi e sanzioni. Tanto più che, non di rado, tali voci assumono valori particolarmente elevati, basti pensare che per l’infedele dichiarazione possono essere irrogate sanzioni fino al 180% dell’imposta accertata.