La soccombenza reciproca ripartisce le spese di lite
La soccombenza reciproca che consente la compensazione delle spese di lite deve verificarsi nel medesimo giudizio con la conseguenza che è illegittima la compensazione pronunciata in presenza di giudizi difformi tra primo e secondo grado.
A fornire questo interessante principio è la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20261 depositata ieri.
Impugnate cartelle esattoriali
Un contribuente impugnava dinanzi al giudice tributario delle cartelle esattoriali lamentando vizi di legittimità.
Il ricorso era respinto in primo grado, ma la decisione era riformata in appello. Tuttavia, il collegio di seconde cure disponeva la compensazione delle spese nonostante il contribuente fosse risultato interamente vittorioso.
La Ctr motivava tale compensazione ritenendo sussistente la soccombenza reciproca tra i due gradi di giudizio. Nel primo aveva vinto l’Amministrazione, nel secondo il contribuente. Quest’ultimo proponeva così ricorso in Cassazione avverso la decisione lamentando un’errata interpretazione della norma sulla ripartizione delle spese di lite. I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato che l’articolo 92 Cpc nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite ove concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce una norma elastica, quale clausola generale da adeguare a specifiche situazioni non determinabili preventivamente.
La “spartizione” nel giudizio tributario
In particolare, nel giudizio tributario, la compensazione delle spese è possibile in caso ci sia soccombenza reciproca ovvero ricorrano «altri giusti motivi esplicitamente indicati in motivazione».
Tali motivi, però, non possono essere desunti dal complesso della sentenza me specificamente spiegati nella pronuncia. La soccombenza reciproca deve invece sussistere all’interno del medesimo giudizio e non tra primo e secondo grado.
Ciò è ulteriormente confermato dinanzi alla circostanza che l’appellante, integralmente vittorioso, ha diritto non solo alle spese del giudizio d’appello, ma anche alla riforma sul punto della decisione di prime cure, così ottenendo la liquidazione del doppio grado.
La Suprema Corte ha così rinviato la decisione alla CTR affinchè riesaminando il merito si uniformi a tali principi. La questione delle spese di lite rappresenta ancora oggi, nonostante varie modifiche normative, un punto debole del processo tributario. Non di rado, infatti, è disposta la compensazione quando il contribuente risulti integralmente vittorioso, nel presupposto di non meglio specificate ragioni di novità o di difficile interpretazione della materia che però ove sia il contribuente a soccombere normalmente non vengono considerate.
Tra l’altro, tali giustificazioni sembrano più apparenti che reali: la “novità” o la “difficile interpretazione” è ormai parte “integrante” del processo tributario e l’orientamento ondivago della giurisprudenza ne è certamente una conferma. Occorrerebbe probabilmente che anche i Giudici tributari iniziassero a considerare la parte pubblica al pari della privata, nella consapevolezza che tali spese gravano per entrambi allo stesso modo e ciò a maggior ragione quando il giudizio ha confermato l’illegittimità di un provvedimento.
Corte di cassazione – Ordinanza 20261/2017