La società di consulenza fiscale risponde per mancati versamenti e risarcimento danni
La società di consulenza, per adempiere all’impegno assunto con una sua missiva, deve pagare alla propria assistita non solo la somma indicata nella cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione di redditi, ma deve versarle anche la somma liquidata in via equitativa dal giudice di merito a titolo del risarcimento danno per l’impiego di tempo e di personale necessario ad ovviare al suo errore. Lo ha affermato la Cassazione nell’ordinanza n.3429 del 13 febbraio.
Una srl ha convenuto in giudizio un’altra srl, chiedendo il ristoro dei danni da mala gestio professionale, derivanti dalla mancata impugnazione di una cartella di pagamento emessa a suo carico per il recupero di ritenute fiscali non versate e conseguente al controllo automatizzato del modello 770 per il 2005.
La Corte d’appello, confermando la sentenza del tribunale favorevole alla srl contribuente, ha fondato la propria decisione sul contenuto della missiva con la quale la società di consulenza si impegnava a farsi carico dell’importo indicato in cartella e delle conseguenze per l’eventuale mancato sgravio da parte dell’amministrazione finanziaria alla quale era stata rivolta l’istanza di autotutela. Anche in Cassazione il ricorso della società di consulenza è stato respinto.
La Corte, infatti, ha interpretato la missiva seguendo le norme sull’interpretazione dei contratti ex articolo 1362 e seguenti del codice civile, applicabili ai negozi unilaterali per il rinvio alle stesse operato dall’articolo 1324 cc (Cassazione, n.9127/17). Da tale lettura è emerso che l’impegno della consulente non configurava un atto di ricognizione del debito ma si inseriva nella cornice di un rapporto contrattuale e comportava la responsabilità non solo per l’importo indicato in cartella, secondo il contenuto testuale della lettera inviata, ma anche per ogni altra conseguenza derivante dalla responsabilità facente capo ad un’obbligazione a carattere negoziale.
La condanna a tali somme ulteriori, liquidate in via equitativa in sede di merito, trovava, infatti, giustificazione nel danno conseguente alla condotta illecita, con riferimento al defatigante dispendio di energie lavorative e alla perdita di tempo della contribuente per la violazione della specifica obbligazione assunta dalla consulente e non rispettata.
Cassazione, ordinanza 3429/2018