La stampa dei registri non gioca d’anticipo
L’anticipazione del termine per la trasmissione della
Sono queste le conclusioni che si ricavano dalla risoluzione n. 46/E del 10 aprile scorso, che conferma quanto sostenuto precedentemente in dottrina (si veda il documento di studio a cura di alcuni Ordini dei dottori commercialisti e degli esperti contabili diffuso nel mese di marzo).
Le norme oggetto di interpretazione sono:
•l’articolo 7, comma 4-ter, del Dl n. 357/1994, in base al quale è regolare la stampa cartacea dei registri contabili se operata entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione «delle relative dichiarazioni annuali»;
•l’articolo 3, comma 3, del Dm 17 giugno 2014, che rinvia al termine di cui all’articolo precedente per l’ultimazione del processo di conservazione dei documenti informatici tramite l’apposizione di un riferimento temporale opponibile a terzi sul pacchetto di archiviazione.
Da più parti si era paventata la possibilità che l’anticipo al 28 febbraio scorso del termine per la trasmissione della dichiarazione Iva (articolo 8 Dpr n. 322/98) comportasse un significativo anticipo dei sopra citati termini, precisamente dal 31 dicembre al 28 maggio. Il che avrebbe recato non pochi problemi alle imprese e a tutti i soggetti che, professionalmente, sono depositari di scritture contabili, e non solo per la scadenza posta proprio nel pieno del periodo dichiarativo e del deposito dei bilanci (a cui, proprio da quest’anno, si aggiunge la nuova comunicazione delle liquidazioni periodiche Iva ai sensi dell’articolo 21-bis del Dl n. 78/2010).
Infatti, va considerato che per alcuni soggetti (ad esempio i contribuenti in contabilità semplificata: Dl n. 69/1989 e Dm 2 maggio 1989) i registri Iva sono normalmente i registri in cui vengono riportate anche le scritture necessarie ai fini reddituali, scritture che ordinariamente vengono perfezionate con la presentazione del modello dichiarativo.
In effetti, vi erano già diversi documenti di prassi che consentivano di concludere che il termine a cui fare riferimento fosse, comunque, quello della presentazione della dichiarazione dei redditi (circolare n. 207/E/2000, paragrafo 1.1.3, circolare n. 5/E/2012, paragrafo 4.3), come del resto lasciavano intuire gli articoli 14 del Dpr n. 600/73 e 39, terzo comma, del Dpr n. 633/72.
Stante la possibile perplessità, comunque, bene ha fatto la risoluzione n. 46/E/2017 a chiarire definitivamente che «il termine di riferimento per procedere alla conservazione di tutti i documenti informatici coincide con il termine per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, termine valido anche per i documenti rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, ancorché a partire dal periodo d’imposta 2017 i termini di presentazione delle dichiarazioni rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva siano disallineati».
A scanso di equivoci, è stato altresì chiarito che «in caso di periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, i documenti rilevanti ai fini Iva riferibili ad un anno solare andranno comunque conservati entro il terzo mese successivo al termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile».
Per effetto dell’articolo 13-bis del Milleproroghe, quest’anno il termine così determinato varia a seconda dei soggetti: infatti, l’ordinario termine di invio della dichiarazione dei redditi generalmente posto al 30 settembre (che quest’anno slitta al 2 ottobre per le festività), è fissato al 16 ottobre (essendo il 15 ottobre domenica) per tutti i «soggetti, diversi dalle micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del Codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile». I tre mesi successivi, pertanto, scadono, rispettivamente, il 2 gennaio ed il 16 gennaio 2018.
Peraltro, l’agenzia dovrà opportunamente chiarire se il termine più ampio di presentazione del modello dichiarativo risulti inapplicabile:
•a tutte le micro-imprese sulla base del semplice dato numerico (come letteralmente si evince dalla disposizione) ovvero (come sembra più logico) solo a quelle che non hanno scelto di redigere il bilancio abbreviato od ordinario, evitando così le difficoltà legate alle modifiche codicistiche;
•alle imprese individuali e alle società di persone, le quali, pur non adottando gli schemi obbligatori per la redazione del bilancio, devono applicare (per dottrina e giurisprudenza prevalenti) i criteri di valutazione (anch’essi riformati) di cui all’articolo 2426 Codice civile.