Controlli e liti

La stima dell’ufficio tecnico erariale non è sufficiente a supportare l’atto impositivo

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di Roberto Bianchi


Nell’ambito degli accertamenti tributari, nella circostanza in cui la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima dell’Ufficio tecnico erariale (Ute) o di altro ufficio tecnico, che ha il valore di una semplice perizia di parte, il giudice investito della relativa impugnazione, pur non potendo ritenere tale valutazione inattendibile solo in quanto proveniente da un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria, non può considerarla di per sé sufficiente a supportare l’atto impositivo, dovendo verificare la sua idoneità a superare le contestazioni dell’interessato e a fornire la prova dei più alti valori pretesi, essendo peraltro tenuto a esplicitare le ragioni del proprio convincimento. A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31087/2019.
Tale pronuncia ritorna sulla questione del valore probatorio della perizia Ute in materia di accertamento del valore immobiliare, circostanza che, per altro verso, è stata posta dalla sentenza della Corte suprema n. 8249/2018 con esplicito riferimento alla motivazione del “giudicato” che faccia esplicito riferimento alla perizia.
La giurisprudenza di legittimità (Cass. Ord. n. 4209/2019) sembra essere compatta nell’affermare che, in ipotesi di accertamento induttivo di ricavi scaturenti dalle vendite di immobili, il riferimento alle stime effettuate sulla base dei valori UTE o OMI non risulta essere né idoneo e né tantomeno sufficiente a rettificare il valore dell’immobile, considerato che quest’ultimo può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico nonché lo stato delle opere di urbanizzazione e, anche volendo escludere qualsivoglia rilevanza ai valori OMI, a fondare l’accertamento è in ogni caso bastante lo scostamento tra mutuo erogato all’acquirente e prezzo dichiarato, non comportando tutto ciò alcuna violazione delle disposizioni civilistiche nell’ambito della prova presuntiva (Cass. Ord. n. 20378/2017).
Nel regime attualmente vigente, di conseguenza, superata la presunzione legale relativa che in passato assisteva la divergenza tra corrispettivi dichiarati dai contribuenti per la vendita di immobili e quotazione degli stessi sulla base dei valori OMI, ai fini accertativi è attualmente necessario che l’Ufficio alleghi ulteriori elementi a sostegno della pretesa impositiva, atteso che di per sé tale divergenza risulta essere una presunzione (semplice) non qualificata e, di conseguenza, inutilizzabile per presupporre un maggior reddito (Cass. Ord. n. 12269/2018).
In tal senso, peraltro, si è espressa anche l’Amministrazione finanziaria affermando che lo scostamento tra prezzi dichiarati e valori OMI costituisce attualmente una presunzione semplice e, di conseguenza, il richiamato differenziale non è di per se sufficiente a sorreggere la pretesa impositiva, necessitando del supporto di ulteriori elementi probatori convergenti (Circ. n. 18/E/2010 par. § 3.2).
Le predette considerazioni in merito ai valori OMI devono ritenersi valide anche per le rettifiche induttive basate soltanto sulle perizie UTE in quanto la stima dell’Ufficio Tecnico Erariale di per sé non è assistita da presunzione assoluta di legittimità costituendo la menzionata valutazione, ai fini dell’accertamento nell’ambito delle imposte dirette e dell’inattendibilità del prezzo di vendita degli immobili, esclusivamente un indizio idoneo a porre in discussione il valore di un immobile, dovendo la stessa essere vagliata nel contesto della situazione contabile ed economica dell’impresa, in presenza di altre concordanti indicazioni documentali o anche presuntive, come quelle scaturenti dall’esame della fattura e degli altri documenti afferenti al bene e alle sue caratteristiche, nonché dalle notizie raccolte mediante le risposte ai questionari (Cass. sent. n. 25284/2015).
Rimane pertanto l’insufficienza della perizia quale unico elemento su cui si fonda l’accertamento, in linea con un orientamento dei giudici di legittimità da ritenere ormai sulla strada del consolidamento.

Cassazione, sezione tributaria, sentenza 31087 del 28 novembre 2019

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