Controlli e liti

La Svizzera libera i nomi dei correntisti

L’amministrazione federale delle contribuzioni ha accolto la richiesta di informazioni inoltrata dalla Gdf

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di Paolo Bernasconi

Per la clientela italiana del Credit Suisse si apre un nuovo fronte. L’amministrazione federale delle Contribuzioni ( AFC) ha accolto la richiesta di informazioni inoltrata dalla Guardia di Finanza.In questi giorni tocca a migliaia di clienti ed ex-clienti ricevere una lettera dalla banca, allegata alla comunicazione del 23 settembre 2019 con la quale il Fisco svizzero chiedeva a Credit Suisse di fornire le informazioni finanziarie riguardanti il periodo dal 23 febbraio 2015 al 31 dicembre 2017.

La mannaia del 23 febbraio

Data storica il 23 febbraio, venne firmato il Protocollo di Milano che ringiovaniva la Convenzione italo-svizzera di doppia imposizione.Prima la Svizzera collaborava soltanto per casi di frode fiscale.Dopo, anche per omessa oppure incompleta dichiarazione fiscale.In quei mesi tanti correntisti erano alla ricerca del modo di chiudere i conti e di cancellare tracce ormai divenute indelebili . Fu una manna per gioiellerie,negozi di orologi e per i venditori di lingotti.Pur di sfuggire alla mannaia del 23 febbraio,molti sono riusciti,parecchi sono rimasti incagliati e ora si dibattono nella rete.

Le domande collettive

Non è infatti un caso (vietato) fishing expedition.Il Tribunale federale lo aveva spiegato bene quando decise di trasmettere alla Francia le informazioni riguardanti migliaia di evasori clienti di UBS fondate sulle liste sequestrate dal Fisco tedesco. Si tratta di domande definite come «collettive»,che pertanto non sono sottoposte ai requisiti più restrittivi che si applicano alle domande straniere cosiddette «di gruppo».Un’ analisi approfondita,quella del Fisco svizzero,tant’è vero che la domanda di assistenza della Guardia di Finanza risale addirittura al 10 luglio 2017.

Per di più,questa domanda riguarda anche le polizze assicurative sulla vita,vendute allora promettendo ai clienti che il nome sarebbe sparito dagli archivi. Quei famosi «insurance wrappers» che richiesero l’intervento della Finma,l’autorità di vigilanza bancaria,oggi si rivelano un boomerang.Quegli stessi già atterrati misteriosamente a Milano,presso entità del Gruppo Credit Suisse,e acchiappati al volo dalla Guardia di Finanza.Ne venne il procedimento milanese concluso con il pagamento di 106 milioni di euro da parte del Credit Suisse.

Le domande di assistenza

Aveva potuto sfuggire alla condanna per violazione del segreto bancario grazie alla recente archiviaziome da parte del Pubblico Ministero di Lugano,appena confermato anche in seconda istanza.Ora arriva la scoppola della domanda fiscale italiana.I clienti nel mirino devono affrettarsi nel ristretto termine di dieci giorni.Stessa scoppola per i clienti evasori di BSI,colpiti dal medesimo provvedimento già nel dicembre scorso: il Fisco federale svizzero ha appena emanato la decisione di accogliere la domanda di assistenza,questa volta della agenzia delle Entrate.

La privatizzazione delle indagini

Stessa corsa affannata per motivare la propria opposizione, preparandosi per ricorrere al Tribunale federale amministrativo.Qualcuno può contestare il proprio domicilio fiscale italiano,magari presentando permessi di dimora “comperati” a Malta o a Cipro,altri possono documentare di avere aderito alla voluntary disclosure. Alcuni contestano gli accertamenti della banca,dal momento che la selezione non viene effettuata dal Fisco,vista la massa di migliaia di conti da scrutinare. Si assiste ad una specie di «privatizzazione delle indagini» che legittima la necessità di verifiche più approfondite. Alla Svizzera non ha reso molto:nella scala dei paradisi fiscali é scesa dal primo posto al terzo posto,superata soltanto dalle Cayman Island e dagli Usa.

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