La «trilogia Iva» della manovrina tra superburocrazia e ritorno al passato
I nuovi adempimenti in tema di imposta sul valore aggiunto sono tre: l’estensione dello split payment, rubricato nell’articolo 1 con il dichiarato obiettivo di contrastare l’evasione fiscale, la riduzione del termine per l’esercizio del diritto di detrazione dell’Iva (articolo 2) e la stretta sulle compensazioni (articolo 3).
L’impianto di questi provvedimenti è stato sostanzialmente confermato dalla legge di conversione del Dl 50 , con la più che ovvia precisazione normativa che il minor termine per esercitare il diritto di detrazione dell’Iva riguarda solo le fatture emesse dal 1° gennaio 2017, altrimenti avrebbe determinato un colpo di spugna sulle fatture del 2015 e 2016, legittimamente in attesa che il loro destinatario eserciti questa regola fondamentale, che qualifica l’imposta sul valore aggiunto, distinguendola da qualsiasi altro tributo sui consumi.
L’estensione dello split payment alle forniture – anche per operazioni soggette a ritenuta - verso la pubblica amministrazione allargata, le relative società controllate nonché le società quotate incluse nell’indice FTSE MIB ha già ricevuto la benedizione dell’Unione europea con la decisione n. 2017/784 del 25 aprile 2017, a differenza del primo split autorizzato dopo mesi di adozione provvisoria. È indubbio che, al di là dell’importante effetto di accrescimento delle posizioni di Iva a credito per questi fornitori (ai quali si promette una significativa accelerazione dei rimborsi, tornando alla vecchia procedura di utilizzo dei fondi della riscossione, senza dover deliberare appositi stanziamenti di uscite erariali), la nuova procedura comporta un notevole aumento del lavoro amministrativo, sia per chi emette le fatture che per chi le riceve.
A questo proposito torna la ricorrente violazione delle regole dello statuto dei diritti del contribuente, con la riduzione a meno di dieci giorni dalla conversione in legge, per una procedura di rilevante complessità sia informatica che operativa, del termine che dovrebbe essere per legge di almeno sessanta giorni.
Leggendo la motivazione del provvedimento europeo risulta evidente che questa autorizzazione è stata rilasciata per motivi politici più che tecnici. Viene in particolare messo in evidenza il contrasto logico: tutte le fatture alle pubbliche amministrazioni sono elettroniche e veicolate nel sistema di interscambio gestito dall’agenzia delle Entrate, e quindi non possono essere fatte scomparire dalla contabilità del fornitore. E quindi non si capisce perché debbano essere pagate in regime di split.
La norma che riduce il termine per l’esercizio del diritto di detrazione alla dichiarazione dell’anno in cui l’imposta è diventata esigibile per il fornitore reca indicazioni contraddittorie, specie per quanto riguarda le fatture differite. Pensiamo alle bolle di consegna del dicembre 2017, fatturate entro il 15 gennaio 2018. Per l’articolo 19 della legge Iva, nuova versione, il diritto di detrazione può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione del 2017 (data di effettuazione e di esigibilità per il fornitore), mentre per l’articolo 25 – norma procedurale – la registrazione a libro acquisti è pilotata dal ricevimento della fattura (2018). Ma se la fattura non è registrata nell’anno di competenza, la detrazione non può essere esercitata.
La “trilogia Iva” del Dl 50 si chiude con il ritorno al passato (5.000 euro) per la soglia di crediti che possono essere compensati senza ricorrere al visto di conformità o alla prestazione di garanzie. Le nuove disposizioni si occupano peraltro di qualsiasi credito fiscale, anche per imposte dirette o crediti di imposta. Per quanto riguarda l’Iva viene inoltre disposto che queste regole si applicano anche per le compensazioni delle istanze trimestrali.