La validità della delega di firma viene meno con il trasferimento a un altro ufficio
La validità della delega di firma viene meno a seguito del trasferimento del dirigente delegante ad altro ufficio. Lo afferma l’ ordinanza 24123/2017 della Cassazione .
Il caso riguarda un contribuente che aveva visto accolta l’impugnazione di un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2006, relativamente a ricavi non dichiarati, con il quale furono quindi apportate le rettifiche del quantum delle diverse imposte. Aveva eccepito la nullità dell’atto impositivo per la mancanza della sottoscrizione da parte del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. La Ctr, confermata la decisione dei primi giudici ed esaminati taluni documenti prodotti in appello dall’ufficio, aveva sancito “che il potere di delega sia del dirigente protempore in persona, con la conseguenza che nel caso del suo trasferimento le deleghe decadono e poteri ritornano al nuovo dirigente, che deve, se lo ritiene opportuno, riproporle. Nel caso specifico i documenti in atti non provano che la riproposizione sia stata effettuata».
A nulla sono valse le recriminazioni dell’ufficio, il quale aveva ritenuto sia che – trattandosi di delega di firma – non fossero da osservare particolari protocolli, essendo sufficiente – ad esempio – un ordine di servizio, sia che – in ragione di ciò – l’avviso non potesse essere annullato per un vizio meramente formale, essendo comunque stato sottoscritto dal titolare dell’area controllo, non «da un semplice funzionario».
Ma la Suprema corte, oltre ad avere ritenuto irrilevante la questione sollevata dall’ufficio, perché ininfluente rispetto alla ratio della decisione, pure concorda su un’altra questione accertata dai giudici di merito, e cioè che la delega era stata rilasciata per accertamenti di valore inferiore a quello dell’avviso impugnato dal contribuente, giungendo ad osservare che «ulteriore e assorbente ratio della decisione è che la delega conteneva il potere del delegato entro limiti di importo inferiori rispetto a quelli oggetto di accertamento».
Cassazione, ordinanza 24123/2017