La web tax mette sotto tiro l’attività
A pochi giorni dalla riunione dei Ventotto a Tallinn la settimana prossima, la Commissione europea ha presentato ieri qui a Bruxelles una comunicazione con la quale inquadrare il dibattito sul futuro della tassazione dell’industria digitale. L’iniziativa deve servire ai governi per prendere una decisione in dicembre. Consapevole di quanto complessa sia la questione a livello europeo e sul piano mondiale, l’esecutivo comunitario propone tre opzioni da applicare nel breve periodo.
Nella sua lunga relazione, la Commissione europea riassume i termini del problema. «La digitalizzazione dell’economia – si legge nel documento – cancella la differenza tra beni e servizi», rivoluzionando completamente «i modelli di business». Dopo aver ricordato che l’industria digitale rimette in discussione il principio stesso della tassazione legato alla presenza fisica di una società in un dato paese, Bruxelles riassume le due questioni principali che vanno risolte: Dove tassare? Cosa tassare?
«L’Unione continua a chiedere una revisione completa delle regole fiscali a livello mondiale per adattarsi alle nuove realtà», ha spiegato ieri il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis. «In assenza di progressi appropriati a livello mondiale, l’Unione dovrebbe mettere a punto le proprie soluzioni per tassare i profitti delle imprese nell’economia digitale». In questo senso, Bruxelles propone tre opzioni di breve termine, in attesa di un accordo a livello mondiale.
Queste sono una tassa sul fatturato che le imprese digitali registrano in un dato paese; una ritenuta alla fonte sulle transazioni digitali; una imposta da applicare alle attività digitali (servizi offerti o pubblicità raccolta). Mentre la prima possibilità riprende la proposta di Italia, Germania, Francia e Spagna, fatta propria da altri sei paesi, la seconda opzione fa riferimento a un progetto della presidenza estone dell’Unione (si veda Il Sole 24 Ore del 15 settembre).
La Commissione si rende conto delle difficoltà a introdurre tasse di questo tipo. Cita tra le altre cose i temi della compatibilità con i trattati sulla doppia imposizione, delle regole sugli aiuti di Stato, delle libertà fondamentali, degli impegni internazionali presi nel quadro dell’Organizzazione mondiale del Commercio. C’è di più. In campo fiscale vige l’unanimità dei Ventotto. A Tallinn, la settimana scorsa non sono mancate le divergenze tra i ministri delle Finanze (si veda il Sole 24 Ore del 17 settembre).
Nella documentazione pubblicata ieri, Bruxelles non prende posizione sulle tre opzioni. Nota che non vi sono dettagli sufficienti sulla proposta di Francia, Germania, Spagna e Italia. Come definire imprese digitali e attività digitali? Che definizione dare al termine fatturato? Come verrebbe raccolta la nuova imposta? In questo senso l’esecutivo comunitario ricorda che il progetto di base imponibile unica, attualmente in discussione tra i Ventotto, risolverebbe molte delle sfide relative alla tassazione dell’industria digitale.
Il tema è comunque complesso. Da un lato, le imprese digitali offrono un servizio che supera le frontiere nazionali e grazie a scappatoie fiscali sono riuscite in questi anni a ridurre grandemente la tassazione. Dall’altro, c’è l’esigenza di trovare un accordo inanzitutto europeo e poi internazionale. In presenza di scelte unilaterali, in pericolo sarebbe l’integrità del mercato unico. In assenza di un accordo globale, a rischio sarebbe lo stesso tentativo di tassare le imprese digitali con strumenti nuovi e più efficaci.
A questo proposito, Business Europe ha avvertito ieri che «ogni misura di tassazione digitale (…) deve essere sviluppata in modo (…) da proteggere la competitività delle imprese europee e garantire parità di condizioni sul piano globale». La tabella di marcia europea prevede una discussione tra i Ventotto venerdì prossimo a Tallin; una scelta politica sulla nuova tassa digitale in dicembre, fosse solo da applicare nel breve termine; seguita da un progetto legislativo in primavera. La strada è tutta in salita.