Imposte

Lavoratori stranieri, il Covid blocca gli automatismi sulla residenza fiscale in Italia

Il Mef in risposta a un question time in commissione Finanze alla Camera recepisce l’orientamento Ocse

di Antonio Longo

Nessun automatismo sulla residenza fiscale in Italia causa Covid dei lavoratori stranieri bloccati nel nostro Paese. Il ministero dell’Economia in risposta a un’interrogazione parlamentare di Italia Viva (primo firmatario Ungaro) in commissione Finanze alla Camera aderisce all’orientamento già espresso sul punto dall’Ocse. Si tratta di un passaggio interpretativo atteso su uno dei temi che più negli ultimi mesi ha focalizzato l’interesse dei lavoratori e delle aziende multinazionali.

L’emergenza sanitaria in corso ha spinto i Governi di molti Stati ad adottare misure restrittive della libertà di circolazione, costringendo molte persone a trattenersi in un Paese diverso da quello in cui normalmente vivono. Queste misure hanno avuto e continuano ad avere un impatto sui criteri di radicamento della residenza fiscale nei singoli Paesi. In Italia si considerano residenti i soggetti che, per la maggior parte del periodo di imposta (183 giorni, 184 in caso di anno bisestile), sono iscritti nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Nel caso in cui una persona fisica sia considerata residente in più Paesi in base alle rispettive normative nazionali entrano in gioco le Convenzioni contro le doppie imposizioni eventualmente concluse tra gli Stati, che individuano i criteri (cosiddette tie-breaker rules) per dirimere le questioni di doppia residenza. In questo contesto, con il documento denominato «Oecd secretariat snalysis of tax treaties and the impact of the Covid-19 crisis» dello scorso 3 aprile, l’Ocse ha affrontato la problematica legata alle eventuali variazioni della residenza nell’ipotesi in cui una persona, temporaneamente allontanatasi dalla residenza abituale, rimanga bloccata nel Paese “ospitante” a causa delle misure Covid. A parere dell’Ocse la situazione emergenziale non dovrebbe incidere sullo status precedente di residente, dovendo rilevare il carattere di «abitualità» del soggiorno legato alla frequenza, alla durata e alla regolarità in condizioni ordinarie.

La risposta che arriva dal ministero recepisce questo orientamento. Al riguardo si sottolinea che l’Italia ha già concluso accordi con le Autorità di alcuni Paesi (Francia, Austria e Svizzera) con riferimento alla tassazione delle remunerazioni percepite dai lavoratori frontalieri che svolgono la propria attività in modalità “agile” a causa delle misure emergenziali.

Gli accordi interpretativi delle Convenzioni internazionali, conclusi con questi Paesi tra giugno e luglio scorsi, consentono che, nei confronti dei lavoratori dipendenti e frontalieri, continuino ad applicarsi le specifiche disposizioni dei Trattati. Ciò anche se i lavoratori non oltrepassano più abitualmente la frontiera o, comunque, svolgono la propria attività lavorativa in uno Stato diverso da quello di residenza fiscale. Inoltre, sottolinea il ministero, gli Uffici dell’agenzia delle Entrate assicureranno la trattazione delle procedure amichevoli con le autorità dei Paesi interessati, ove siano rilevate interpretazione dubbie delle disposizioni fiscali sovranazionali, con lo scopo di evitare ulteriori aggravi per i contribuenti e per le stesse autorità fiscali.

La questione sembra, quindi, risolta a livello teorico. L’analisi dei singoli casi e delle regole di volta in volta applicabili consentirà di valutare gli effetti di questo orientamento sotto il profilo pratico.

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