Imposte

Le cessioni a Sgr, Sicav, Sicaf e Sim non riaprono il mercato delle banche

L’apertura del ministero dell’Economia non risolve i problemi degli istituti

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di Giuseppe Latour

La cessione dei crediti non riparte. L’apertura del ministero dell’Economia all’ingresso tra i cessionari di soggetti che, in forma diversa, si occupano di gestione del risparmio sarà utile, perché alzerà l’asticella della capienza fiscale dei gruppi bancari, ma non decisiva per rimettere in moto il sistema, perché questi soggetti hanno una quantità limitata di versamenti da effettuare. E, soprattutto, perché continuano a essere esclusi i soggetti non appartenenti a gruppi bancari.

Il mercato reagisce in maniera tiepida alla risposta a interrogazione (5-07901, presentata da Giovanni Currò (M5s)) che mercoledì ha ufficialmente ampliato la platea dei soggetti qualificati che, quindi, possono incamerare le seconde e terze cessioni di bonus.

«Attualmente – ha spiegato il ministero dell’Economia – le norme sulla cessione dei crediti fiscali consentono le “ulteriori cessioni” di tali crediti, tra gli altri, anche nei confronti di soggetti appartenenti a un gruppo bancario di cui all’articolo 64, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, in cui possono essere incluse anche Sgr, Sim, Sicav e Sicaf».

In sostanza, allora, tra i soggetti qualificati in base all’articolo 121 del decreto Rilancio (Dl 34/2020) rientrano anche le società appartenenti a gruppi bancari: una definizione che ricomprende anche Sgr, Sim, Sicav e Sicaf. C’è, allora, un primo limite evidente da considerare: deve trattarsi, infatti, esclusivamente di società che si trovino all’interno di gruppi bancari.

Chi è fuori da questo perimetro sarà escluso dagli acquisti. In questo modo restano tagliati fuori (in modo incomprensibile, fanno notare in molti) numerosi operatori, vigilati dalla Banca d’Italia, che offrono alte garanzie di correttezza. Per loro servirebbe una modifica normativa.

Molti gruppi bancari italiani, comunque, hanno al loro interno soggetti di questo tipo, quindi la sensazione prevalente sul mercato è che si tratti comunque di un passo avanti, anche se piccolo. Un avanzamento che, però, da solo non basta nemmeno lontanamente a risolvere la situazione di blocco nella quale è precipitato da qualche settimana il settore delle cessioni, con lo stop progressivo di quasi tutte le banche italiane.

Diversi operatori, infatti, sottolineano che Sgr, Sim, Sicav e Sicaf non hanno in generale uno spazio fiscale particolarmente ampio: hanno di solito pochi dipendenti ed effettuano molte operazioni in esenzione Iva. In altre parole, fanno pochi versamenti. Visti i numeri che ormai ha raggiunto il mercato delle cessioni (40 miliardi circa, si veda «Il Sole 24 Ore» del 16 aprile), società del genere non sono in grado di spostare gli equilibri per soggetti che hanno già acquistato bonus da scontare per diversi miliardi.

Tornando, poi, al perimetro limitato della risposta, l’altro grande problema è che si resta sempre all’interno dei gruppi bancari. In sostanza, si amplia la capacità fiscale, ma non si creano le valvole di sfogo che consentirebbero di far uscire i crediti dalla pancia degli istituti. Proprio su questo sta lavorando la maggioranza: l’ipotesi allo studio è di inserire le modifiche al meccanismo della quarta cessione nel decreto Taglia prezzi (Dl 21/2022) in conversione in Senato. L’idea è consentire il frazionamento dei crediti per facilitare le cessioni delle banche.

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