Adempimenti

Le dichiarazioni fiscali non sono «confessioni»

di Laura Ambrosi

Commette il reato di omessa dichiarazione chi non comunica redditi di provenienza illecita: trattandosi di proventi effettivi devono essere assoggettati a tassazione e ciò non rappresenta una confessione dell'imputato. A fornire questo chiarimento è la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 53137 depositata ieri.

Il titolare di una ditta individuale veniva condannato a due anni e tre mesi di reclusione per il reato di omessa dichiarazione (articolo 5 Dlgs 74/2000). In particolare, era accusato di non aver dichiarato redditi provenienti da attività illecita per un rilevante imponibile. La difesa, oltre a contestare la sussistenza di tali proventi, rilevava che in ogni caso la presentazione della dichiarazione poteva rappresentare una ammissione di colpevolezza, non potendosi obbligare un soggetto a fornire all'amministrazione prove a sé stesso sfavorevoli. La decisione veniva confermata anche in appello e l'imputato ricorreva in Cassazione.

I giudici di legittimità hanno richiamato un consolidato orientamento secondo il quale la presentazione della dichiarazione dei redditi, anche di natura illecita, non è una denuncia a proprio carico. Si tratta, infatti, di una comunicazione inviata ai fini fiscali alla quale solo in via eventuale possono conseguire accertamenti volti all'individuazione dell'origine delle somme.

La Cassazione ha rilevato che al possesso di un reddito prodotto (effettivo), espressione di capacità contributiva, consegue il relativo obbligo dichiarativo. Si tratta del principio del nemo tenetur se detegere che si qualifica come diritto di ordine processuale e non può dispiegare efficacia fuori dal processo penale.

Tali principi non violano neanche l'articolo 6 Cedu che, nel riconoscere al soggetto il diritto a tacere per non autoincriminarsi, opera esclusivamente sul piano processuale. A tal fine, la Suprema Corte ha ritenuto motivata la sentenza nonostante non fosse stata dimostrata la natura illecita delle somme. Sul punto ha precisato che la sussistenza di redditi estremamente elevati per milioni di euro, pervenuti su conti correnti di un venditore ambulante di vestiti che non aveva le scritture contabili obbligatorie, in assenza di indicazioni circa la loro origine, non potevano che considerarsi illeciti.

Cassazione, sentenza n. 53137/2017

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