Le Entrate pagano per gli illeciti dei funzionari
Il comportamento illecito del funzionario che si appropria di quanto versato dal contribuente a estinzione della pretesa tributaria, in virtù del rapporto organico e del principio dell’appartenenza è immediatamente imputabile all’agenzia delle Entrate. Quindi la richiesta di procedere nuovamente al versamento di quanto non confluito nelle casse erariali è illegittima per violazione dei principi di affidamento e buona fede.
Sono questi i punti cardine della sentenza della Ctr Liguria n. 53 del 17 gennaio 2018 (presidente Pasca, relatore Del Monaco). Una contribuente presentava all’Agenzia una dichiarazione di successione. Una funzionaria provvedeva alla liquidazione e riscuoteva le imposte richieste, trattenendole personalmente. Le Entrate, scoperto l’illecito della dipendente notificavano alla contribuente un avviso di liquidazione richiedendo quanto non confluito nelle casse erariali, oltre a sanzioni e interessi.
La contribuente impugnava l’atto eccependo la lesione dei principi di buona fede e di legittimo affidamento, di cui all’articolo 10 della legge 212/2000. L’ufficio resisteva evidenziando come la condotta illecita della dipendente non fosse imputabile all’ente. La Ctp accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando dovute le imposte, ma non le sanzioni. L’Agenzia impugnava la sentenza affermando che in virtù dell’articolo 1189 del Codice civile, il pagamento al creditore apparente libera il debitore solo se questi prova di aver confidato, senza colpa, nella situazione apparente. L’ufficio escludeva sia l’esimente di cui all’articolo 10 comma 2 stante l’ipotesi di reato e l’ interruzione del rapporto organico, sia quella dell’articolo 6, comma 3 del Dlgs 472/97, perché la violazione non era esclusivamente addebitabile all’illecito della dipendente. La contribuente presentava appello incidentale, dolendosi del comportamento colposo dell’Agenzia che aveva omesso ogni controllo sulla dipendente, nonostante si fosse già resa colpevole di truffe verso altri contribuenti.
La Ctr ha ritenuto fondato l’appello della contribuente e ha annullato l’intera pretesa. A giustificare l’affidamento del contribuente - questo il principio - possono essere solo condotte ragionevolmente idonee a generare un’erronea convinzione, caratterizzata da negligenza della Pa. La Cassazione ha affermato (sentenza 20986/07) che affinché ricorra responsabilità della Pa per fatto lesivo del proprio dipendente, deve sussistere sia il nesso di causalità fra comportamento ed evento, sia che l’attività del dipendente si manifesti come esplicitazione dell’attività pubblica.
Il Collegio ha osservato inoltre che la dipendente si era già resa responsabile di altri fatti che avrebbero dovuto indurre l’ente ad esercitare un maggior controllo. Quindi, per la Ctr è evidente che la contribuente, estranea ai fatti, sia stata incolpevolmente indotta a ritenere che il comportamento della dipendente fosse corretto. Non bisogna dimenticare - ha concluso la Ctr - che in virtù del rapporto organico e del principio dell’appartenenza, gli atti compiuti dal pubblico dipendente nello svolgimento delle sue funzioni risultano immediatamente imputabili all’ente.