Imposte

LE PAROLE DEL NO PROFIT/Immobili in comodato d’uso, spazio alle riduzioni Imu

di Jessica Pettinacci e Gabriele Sepio

Possibili riduzioni Imu per gli immobili in comodato d’uso agli enti non profit. La legge di Bilancio 2020 da un lato conferma l’esenzione dal tributo per gli immobili destinati all’attività istituzionale di tali enti e, dall’altro, introduce una nuova facoltà per gli enti locali, che potranno scegliere di agevolare le ipotesi di comodato. La manovra finanziaria si pone in scia con le agevolazioni introdotte per gli enti del Terzo settore (Ets) dalla riforma (Dlgs 117/2017). Per operatori e professionisti, quindi, si tratterà di valutare attentamente le misure di vantaggio attualmente riservate al mondo non profit e i criteri per accedervi.

Con riguardo all’esenzione, la legge di Bilancio (articolo 1, comma 759 legge 160/2019) ripropone la medesima agevolazione prevista dall’articolo 7, comma 1, lettera i) del Dlgs 504/1992, esonerando gli enti non commerciali dal pagamento dell’Imu laddove ricorrano precisi requisiti soggettivi e oggettivi, ossia che:
•l’immobile sia posseduto o utilizzato da enti non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c) del Tuir;
• lo stesso sia destinato, in via esclusiva, allo svolgimento, con modalità non commerciali, di una o più delle attività elencate all’articolo 7, comma 1, lettera a) del Dlgs 504/1992 (assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive).

Analoga esenzione è prevista anche per il Terzo settore (articolo 82, comma 6 Dlgs 117/2017) ed è riservata ai soli Ets non commerciali, che abbiano superato il test di prevalenza di cui all’articolo 79, comma 5.

A ben vedere, se “a valle” il regime di favore ai fini Imu è il medesimo, sia per gli Ets non commerciali sia per gli enti non profit che rimarranno fuori dal Registro unico del Terzo settore (Runts), quello che cambierà “a monte” saranno invece i criteri sulla base dei quali determinare la natura (commerciale o meno) dell’ente. A regime – ossia con la piena operatività della riforma (dal periodo di imposta successivo al rilascio dell’autorizzazione europea) – tutti gli Ets saranno tenuti ad applicare le disposizioni fiscali contenute nell’articolo 79 del Codice, che prevedono a tal fine un duplice test. In sintesi, bisognerà prima valutare la natura delle singole attività svolte dall’ente (articolo 79, commi 2 e 2-bis) e poi quella dell’ente nel suo complesso, a seconda dello svolgimento in misura prevalente di attività commerciali o meno (articolo 79, comma 5). Discorso diverso per gli enti che rimarranno fuori dal Runts, per i quali continueranno a trovare applicazione i criteri di commercialità previsti dal Tuir, in base ai quali si considerano non commerciali gli enti diversi dalle società, che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (articolo 55 Tuir).

A differenza del Cts, quello che conta nel Testo unico ai fini della natura è il modello organizzativo adottato dall’ente: rientrano infatti tra le attività commerciali – oltre a quelle agli articoli 2195 e 2135 del Codice civile – tutte le prestazioni di servizi che siano «organizzate in forma d’impresa». Per individuare la natura dell’ente, non è quindi previsto un raffronto puntuale tra costi/ricavi delle attività svolte, ma solo alcuni parametri “indicativi” che potrebbero essere sintomatici della veste commerciale (articolo 149 Tuir). Una volta verificata la natura non commerciale dell’ente, l’esenzione Imu spetterà solo in relazione agli immobili utilizzati per lo svolgimento dell’attività con modalità non commerciali: in questo caso, bisognerà continuare a prestare attenzione ai criteri indicati nel Dm 200/2012.

Oltre alla “nuova Imu”, la legge di Bilancio 2020 aggiunge per i Comuni l’ulteriore facoltà di prevedere in favore degli enti non commerciali l’esenzione Imu sugli immobili ricevuti in comodato gratuito, ove destinati esclusivamente all’esercizio dei rispettivi fini istituzionali (articolo 1, comma 777 legge 160/2019). Quest’agevolazione riguarda un’ipotesi specifica di utilizzo del bene (ossia il comodato, peraltro già ricompreso nell’ipotesi di esenzione finora esaminata) e sembrerebbe avere un campo di applicazione più ampio, in quanto non sussistono i medesimi vincoli visti in precedenza sulle tipologie di attività svolte dall’ente non commerciale all’interno dell’immobile. In altre parole, se l’esclusione da Imu è limitata in via generale solo ad alcune attività istituzionali (come quelle assistenziali o ricreative), le riduzioni che potranno introdurre i comuni per le ipotesi di comodato astrattamente potrebbero riguardare tutte le attività statutarie dell’ente, anche quelle non incluse nell’elencazione dell’articolo 7, comma 1, lettera a) del Dlgs 504/1992.

La legge di Bilancio 2020, inoltre, si riferisce espressamente agli enti non commerciali, senza fare menzione della nuova categoria degli Ets. È evidente, in questo caso, come il legislatore abbia preferito demandare ad una definizione generale l’attribuzione della facoltà in parola, tra cui trovano spazio anche gli Ets, purché fiscalmente non commerciali, oltre a tutti gli altri enti che rimarranno fuori dal Runts. È il caso, ad esempio, degli enti sportivi che optano per il regime della legge 398/1991, (disapplicato, invece, per gli Ets) o degli enti espressamente esclusi dal Terzo settore (articolo 4 Cts). Al riguardo, vale la pena osservare che anche la riforma del Terzo settore ha previsto la facoltà per gli enti locali di deliberare nei confronti degli Ets non commerciali le riduzioni o esenzioni dal pagamento di tributi di loro competenza, ma tale ipotesi riguarda tributi diversi dall’Imu (articolo 82, comma 7, Dlgs 117/2017).

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