LE PAROLE DEL NON PROFIT/Anche le pro loco al bivio della scelta del regime fiscale
Tra i vari enti non profit chiamati, entro il 3 agosto 2019, ad adeguare i propri statuti ai fini dell’iscrizione nel nuovo registro ci saranno anche le 6.300 associazioni Pro loco presenti in Italia. Per l’associazione nazionale (Unpli) che le rappresenta e i tanti operatori occorrerà iniziare a fare conti con le modifiche introdotte con la riforma. Diversi i punti da analizzare, primo tra tutti la scelta del regime fiscale meglio compatibile con l’attività concretamente svolta. Sotto quest’ultimo punto di vista occorre considerare che, una volta ottenuto il via libera dalla Commissione europea per le nuove misure fiscali previste dal codice del terzo settore, verrà abrogata la legge 398/91 attualmente applicata dalle Pro loco. Queste ultime, se conseguono ricavi fino a 400mila euro applicano un meccanismo di determinazione forfettario del reddito Ires con coefficiente di redditività del 3% cui si sommano eventuali plusvalenze.
Inoltre, per gli enti associativi dotati dei requisiti di cui all’articolo 148, comma 8, del Tuir, sono considerate non commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali nei confronti degli associati, verso corrispettivi specifici. Sul fronte dell’Iva, invece, l’agevolazione riguarda la detrazione: in relazione ai proventi derivanti dalle attività commerciali connesse agli scopi istituzionali le pro-loco che optano per il regime della legge 398/1991 possono contare su un detrazione forfetaria al 50 per cento.
Sul piano degli adempimenti, a queste agevolazioni si accompagnano anche l’esonero dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili (articolo 2, comma 1, della legge 398/1991) e quello dagli obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione ai fini Iva (articolo 74, comma 6, del Dpr 633/1972), ad eccezione delle prestazioni di sponsorizzazione, delle cessioni/concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica e delle prestazioni pubblicitarie, che vanno comunque fatturate.
Con la riorganizzazione prevista dalla riforma occorrerà capire come le Pro loco potranno conservare un regime fiscale di vantaggio. Un primo aspetto da considerare riguarda la sezione del nuovo registro unico in cui iscriversi. Tenendo conto del fatto che molte Pro loco rivestono già la qualifica di associazioni di promozione sociale (Aps) potrebbe essere conveniente nella maggior parte dei casi optare per la relativa sezione del registro mantenendo inalterati molti vantaggi fiscali.
Così facendo, ai fini Ires, questi enti potranno beneficiare della forfettizzazione del reddito derivante dalle attività commerciali (con coefficiente del 3%), ma solo se i ricavi annui sono inferiori a 130mila euro (articolo 86 del Cts). Al reddito calcolato non si aggiungono però le plusvalenze e i corrispettivi specifici delle attività rese a favore degli associati saranno decommercializzati analogamente a quanto previsto all’articolo 148 del Tuir. Anche ai fini Iva è previsto un trattamento favorevole entro la soglia dei 130mila euro. Alla detrazione forfetaria si sostituisce l’esonero dal versamento dell’Iva e dai connessi adempimenti, nonché dalla tenuta delle scritture contabili (salvo l’obbligo di conservazione dei documenti emessi e ricevuti).
Ma attenzione. Il tema della tassazione dei proventi ricevuti dalle Pro loco nello svolgimento della propria attività si porrà solo nei limiti in cui quest’ultima potrà qualificarsi come commerciale. Perché ciò accada sarà necessario porre attenzione ai nuovi parametri indicati all’articolo 79 del Cts, ovvero al fatto che i corrispettivi ricevuti non superino i costi effettivi complessivamente sostenuti nel periodo, ivi inclusi quelli indirettamente collegati all’attività da cui emergono gli specifici corrispettivi ( si pensi alle utenze o al rimborso dei volontari). Questo aspetto se opportunamente valutato potrebbe in alcuni casi escludere a priori la tassabilità delle attività svolte.