Contabilità

LE PAROLE DEL NON PROFIT/Onlus alla prova dell’assenza di lucro nel periodo transitorio

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di Gabriele Sepio


Assenza di scopo di lucro e divieto di distribuzione indiretta di utili. Sono due dei temi fondamentali con cui le Onlus si dovranno confrontare durante il periodo transitorio per adeguarsi alle nuove disposizioni introdotte con la riforma del terzo settore. Il nuovo Codice (Cts) sancisce, infatti, il vincolo di destinazione del patrimonio al perseguimento delle finalità istituzionali ma con definizioni che presentano alcune differenze rispetto al quadro ante-riforma.

Nell’ottica di evitare abusi nella fruizione dei regimi agevolati, l’articolo 8 comma 3 del Cts individua un elenco di fattispecie in presenza delle quali si presume sia avvenuta una indebita distrazione del patrimonio dell’ente. Tali presunzioni riprendono quanto già previsto dal regime Onlus (articolo 10, comma 6, del Dlgs 460/1997) e dalla previgente disciplina in materia di impresa sociale (Dlgs 155/2006), con alcune modifiche volte a risolvere le criticità emerse nella prassi applicativa.

La disciplina del Terzo settore ad esempio, vieta la corresponsione ai lavoratori di retribuzioni superiori del 40% rispetto a quelle previste per le medesime qualifiche dai contratti collettivi, ammettendo una deroga per la necessità di acquisire competenze specifiche nei settori dell’attività sanitaria, della formazione universitaria e post-universitaria o della ricerca scientifica. Viene così ammessa, rispetto al regime Onlus, una maggiore flessibilità retributiva: il rigido divieto per le Onlus di corrispondere stipendi superiori del 20% rispetto ai contratti collettivi, infatti, rappresentava una forte limitazione per i settori Onlus caratterizzati dalla necessità di personale altamente qualificato, impedendo la corresponsione di retribuzioni in linea con gli standard internazionali (si veda, sul punto, la risoluzione 294/E del 2002, con la quale era stata ammessa la possibilità di ricorrere ad interpello disapplicativo). A differenza del regime Onlus, i limiti per gli enti del Terzo settore vengono riferiti anche alle prestazioni di lavoro autonomo (e non solo ai lavoratori dipendenti), escludendo così la possibilità di ricorrere a tale forma di lavoro con intenti elusivi.

Novità anche nella parametrazione dei compensi per le cariche sociali: il Cts non ripropone il riferimento del regime Onlus al compenso massimo del presidente del collegio sindacale delle Spa, richiedendo invece che i compensi siano proporzionati alle concrete attività e competenze e che non siano superiori, in ogni caso, a quelli erogati da enti che operano in analoghe condizioni (in analogia con quanto previsto dal Dlgs 155/2006). L’adeguatezza degli emolumenti dovrà essere valutata, in sostanza, caso per caso: al fine di garantire la massima trasparenza, potrà quindi essere opportuno documentare i criteri adottati nella relazione di missione o nel bilancio sociale.

L’articolo 8 del Cts, inoltre, consente maggiore flessibilità nell’effettuazione di cessioni di beni o prestazioni di servizi a condizioni più favorevoli a quelle di mercato nei confronti di coloro che operino o facciano parte dell’ente, ammessa per le Onlus solo in specifici settori (tutela delle cose d’interesse artistico e storico della natura e dell’ambiente) e in caso di vantaggi aventi significato onorifico e modico valore. Nella disciplina del Cts, invece, tali cessioni e prestazioni non sono considerate distribuzione indiretta di utili in tutti i casi in cui costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale dell’ente (si pensi, ad esempio, ad un’associazione di promozione sociale che, nel perseguimento delle finalità istituzionali, offra gratuitamente ai propri associati attività di formazione professionale).

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