LE PAROLE DEL NON PROFIT/Terzo settore, diligenza «rafforzata» per gli amministratori
Maggiore responsabilità e trasparenza nell’utilizzo delle risorse e nella gestione del patrimonio. Questi i due criteri richiesti per gli amministratori degli enti del terzo settore cui si associano maggiori garanzie risarcitorie in favore dell’ente, degli associati e dei terzi creditori in caso di illeciti causati dall’organo amministrativo. Con le modifiche introdotte dal Codice del terzo settore (articolo 28 del Dlgs 117/2017), il regime di responsabilità degli amministratori degli enti no profit iscritti nel Registro unico viene, dunque, rafforzato richiamando, con gli opportuni adattamenti, quanto previsto per le società di capitali.
La responsabilità degli amministratori degli enti del terzo settore non potrà, infatti, più essere valutata sulla base della «diligenza del buon padre di famiglia», richiamata dall’articolo 18 del Codice civile in materia di rapporto di mandato, ma ci si dovrà riferire alla diligenza professionale prevista dall’articolo 2392 del Codice civile, ossia la “normale” diligenza di un amministratore di società.
La diligenza professionale dovrà essere così parametrata alla natura dell’incarico e alla specifica competenza del singolo amministratore, a cui dovrà accompagnarsi anche il requisito della perizia: le scelte dell’amministratore dovranno, infatti, essere informate e meditate, richiedendo una consapevolezza dei rischi legati alle decisioni. Questo significa, in sostanza, che l’organo di amministrazione non potrà essere costituito da soggetti che, per quanto in possesso di qualità morali indistintamente riconosciute, non siano comunque a conoscenza delle dinamiche tecniche dell’attività dell’ente per il perseguimento dello scopo statutario.
Particolare attenzione andrà, dunque, prestata agli specifici obblighi e divieti posti dal Codice del terzo settore in capo agli amministratori degli enti no profit: trattasi, in particolare, dell’obbligo di tutela del patrimonio dell’ente (articolo 22, comma 5), del divieto di distribuzione di utili (articolo 8, comma 2) e del conflitto di interessi (articolo 27). Si tratta delle fattispecie più diffuse che, se non opportunamente valutate, fanno scattare ipotesi di responsabilità per il rappresentante legale dell’ente. Si va dalla corresponsione di stipendi o emolumenti non coerenti con le attività svolte a ipotesi penalmente rilevanti, come la vendita di beni dell’ente a prezzi di favore a beneficio di soggetti conniventi.
In questi termini, specialmente quando si è in presenza di un patrimonio consistente, potrebbe assumere particolare interesse il rapporto con la disciplina al Dlgs 231/2001, espressamente richiamata, peraltro, anche all’articolo 30 del Codice del Terzo settore ai fini dello svolgimento delle funzioni da parte dell’organo di controllo dell’ente. Si tenderà infatti ad escludere la responsabilità degli amministratori con una efficace adozione (che pur restando facoltativa, in alcuni casi, si rende quanto mai opportuna) del modello di gestione e un perfetto funzionamento dell’organo di vigilanza.