LE PAROLE DEL NON PROFIT/Terzo settore, lo Statuto aggiorna le competenze dell’assemblea
Diritto di voto, competenze e quorum. Questi i principali aspetti attorno a cui ruota la disciplina dell’assemblea degli enti del Terzo settore (Ets) e ai quali bisognerà fare attenzione in sede di adeguamento alle nuove disposizioni del Dlgs 117/2017. Alcune norme sono obbligatorie mentre altre potranno essere derogate attraverso apposite previsioni statutarie e proprio su questo si sofferma la recente circolare del ministero del Lavoro 20/2018 ( clicca qui per consultarla ), che ha fornito alcune indicazioni operative.
Diritto di voto
Nelle associazioni (e nelle fondazioni dotate di un organo assembleare), ciascun socio ha diritto ad un voto, mentre solo ai soci che sono Ets possono essere attribuiti più voti, fino a un massimo di 5, in proporzione al numero dei loro associati o aderenti (articolo 24, comma 2, del Dlgs 117/2017). In linea generale, possono votare solo coloro che sono soci da almeno 3 mesi (articolo 24, comma 1, del Dlgs 117/2017), ma lo statuto può derogare a questo periodo minimo di iscrizione. Sul punto, secondo l’interpretazione fornita dalla circolare, il termine può essere eliminato o ridotto, ma non esteso: privare un socio del diritto di voto per un periodo più lungo sarebbe contrario ai principi di democraticità, uguaglianza e pari opportunità che contraddistinguono gli enti associativi.
Nessuna indicazione in tal senso, però, si desume dal testo di legge, per cui non è escluso che nella pratica possa trovare accoglimento anche un’interpretazione diversa, nel senso di ammettere la deroga “in aumento” del periodo minimo di iscrizione, sia pure entro congrui limiti di tempo, nel rispetto dei citati principi (analogamente a quanto avviene in alcune realtà societarie, come ad esempio nel caso dei soci “in formazione” delle società cooperative - articolo 2527 del Codice civile).
Le competenze dell’assemblea
Obbligatorio l’adeguamento statutario alle nuove disposizioni in tema di competenza dell’assemblea. L’articolo 25, comma 1, contiene un elenco tassativo delle decisioni che sono rimesse all’organo assembleare, a cui devono adeguarsi tutte le associazioni (riconosciute o meno), ad eccezione di quelle con più di cinquecento associati (che possono disciplinare le competenze dell’assemblea anche in deroga alla norma). Si va da aspetti che riguardano la vita ordinaria dell’associazione (come la nomina/revoca dei componenti degli organi sociali e del revisore legale dei conti o l’approvazione del bilancio e dell’eventuale regolamento dei lavori assembleari) a decisioni di carattere straordinario (come quelle sulle modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto, nonché quelle relative a scioglimento, trasformazione, fusione e scissione dell’ente), per cui sarà fondamentale verificare la presenza di eventuali clausole difformi negli statuti e provvedere a modificarle.
La scelta dei quorum
Quasi sempre libera, invece, la scelta dei quorum per la validità delle delibere. Per le associazioni riconosciute, in mancanza di diversa previsione statutaria, trova applicazione l’articolo 21 del codice civile, che richiede la maggioranza dei voti e almeno la metà degli associati (in prima convocazione), per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria; mentre, per le delibere di modifica dell’atto costitutivo o dello statuto, la presenza dei tre quarti degli associati con il voto favorevole della maggioranza dei presenti (quorum che sale a tre quarti degli associati per le delibere di modifica dell’atto costitutivo o dello statuto). Se l’associazione è non riconosciuta, invece, l’ordinamento interno è regolato dagli accordi degli associati e in assenza di specifiche disposizioni si applicano le norme previste per le associazioni riconosciute.
Ad eccezione di quelli previsti per le decisioni di scioglimento, tutti i quorum sono derogabili dall’autonomia statutaria. Tuttavia, come giustamente osservato dal ministero, per le deliberazioni che comportano modifiche statutarie sarà comunque necessario prevedere quorum rafforzati rispetto a quelli per la sede ordinaria, al fine di evitare che la minoranza possa introdurre variazioni significative alla struttura organizzativa dell’ente, a danno della generalità dei soci.