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LE PAROLE DEL NON PROFIT/Agevolazioni urbanistiche solo per le attività di culto «spot»

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di Martina Manfredonia e Gabriele Sepio

Agevolazioni urbanistiche a rischio per i locali delle associazioni di promozione sociale (Aps). È quanto emerge dalla nota del Ministero del lavoro dello scorso 15 aprile (n. 3743), la quale si è soffermata sull’applicazione dell’articolo 71 del Dlgs 117/2017 in caso di utilizzo promiscuo degli immobili di una Aps per attività istituzionali e di culto. La misura in questione è figlia di una precedente agevolazione riservata alle sole Aps (articolo 32, comma 4, legge 383/2000) e consente a tutti gli enti del Terzo settore (Ets) di derogare alle prescrizioni urbanistiche in tema di destinazioni d’uso per le sedi o i locali dove operano. Tali immobili – recita l’articolo 71 – sono compatibili con qualsiasi destinazione d’uso, a prescindere dalla destinazione urbanistica, ma a condizione che siano utilizzati per lo svolgimento di attività istituzionali non produttive. Rispetto al precedente regime Aps, quindi, l’ambito oggettivo è più ristretto, in quanto la deroga urbanistica non riguarda più tutte le attività (senza distinzione tra quelle di promozione sociale e quelle ausiliarie e sussidiarie) ma solo quelle istituzionali di tipo non produttivo. Proprio da quest’ultima precisazione deriva l’esigenza di verificare se per le attività di culto si possa o meno applicare il citato beneficio.
La risposta del Ministero è negativa e si fonda sulla specifica natura delle attività di culto. In linea con l’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato (n. 181/2013), dovrebbero rientrare in questa tipologia di attività tutte le celebrazioni non occasionali, come ad esempio quelle di funzioni religiose o a carattere confessionale che si svolgono quotidianamente o in giorni fissi e ad orari prestabiliti. Si tratta, a ben vedere, di attività caratteristiche degli enti religiosi civilmente riconosciuti, che, se svolte da Ets, non possono rientrare né tra le attività istituzionali né tra quelle diverse. Con riguardo alle prime, infatti, l’elencazione dell’articolo 5 del Dlgs 117/2017 è tassativa e non ricomprende il “culto”. Del resto, gli stessi enti religiosi sono esclusi dal Terzo settore e possono rientrarvi solo aprendo un apposito “ramo” per lo svolgimento di attività di interesse generale diverse da quelle di culto. Discorso analogo per le attività “diverse”: queste ultime devono essere legate a quelle istituzionali da un rapporto di strumentalità, che sarebbe mancante nelle attività di culto intese come celebrazioni ricorrenti e sistematiche.
Da queste premesse, è evidente quindi che l’insediamento di un luogo di culto “permanente” nei locali o nella sede di un’Aps non può avvenire in violazione delle prescrizioni urbanistiche in tema di destinazione d’uso degli immobili, non potendosi invocare il generale beneficio previsto dall’articolo 71 del Dlgs 117/2017 per le attività istituzionali. Mentre, al contrario, sarebbe sempre possibile organizzare nella sede dell’ente attività di culto occasionali (ad esempio una singola messa organizzata per un’occasione specifica), a prescindere dalla destinazione d’uso.
La valutazione va fatta caso per caso, per cui gli enti che fanno questo tipo di utilizzo promiscuo dovranno stare particolarmente attenti, onde evitare sanzioni in materia urbanistica.

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