Imposte

Le simulazioni: bonus cumulati a 100 euro

di Gianni Trovati

I «mitici» 80 euro al mese, per richiamare l'espressione usata ieri dal premier Matteo Renzi in conferenza stampa, finiscono ai circa 6 milioni di lavoratori dipendenti con un reddito che si attesta fra i 16mila e i 24mila euro all'anno. Agli altri arriva un bonus pari al 4% del reddito complessivo se la dichiarazione si ferma sotto quota 16mila euro all'anno, e decrescente in modo proporzionale per chi guadagna poco più di 24mila euro.
Il risultato finale dell'operazione Irpef, che con il consiglio dei ministri di ieri traduce in legge la promessa lanciata da Renzi nella conferenza stampa del 12 marzo, è il frutto delle scelte compiute dal Governo di fronte a diversi bivi. Il primo riguardava l'inclusione o meno degli «incapienti», cioè dei contribuenti che con le detrazioni già in vigore si trovano l'Irpef azzerata perché il loro reddito è basso. Alla fine, gli incapienti sono usciti dal raggio d'azione del decreto Irpef (in attesa di interventi ulteriori promessi dal premier), perché non c'erano le risorse per estendere la platea degli interessati alle misure fiscali senza rivedere al ribasso la "vetta" da 80 euro al mese (640 euro per il periodo maggio-dicembre) per la fascia 16-24mila euro di reddito. Ma gli 80 euro, tanto annunciati da diventare appunto «mitici», erano ormai irrinunciabili. Per questa ragione il credito scatta solo quando l'imposta lorda, cioè quella pre-applicazione delle detrazioni, è superiore agli sconti già previsti dalle leggi in vigore. In generale, questa condizione riguarda i redditi superiori a 8mila euro, ma i calcoli effettivi dipendono dalla condizione famigliare di ogni contribuente, perché con coniuge e figli a carico il livello dell'incapienza può salire anche fino a 15-16mila euro.
L'altro bivio riguardava gli strumenti da cui i datori di lavoro avrebbero dovuto prelevare il bonus: ritenute o contributi?
Sul punto, secondo le ultime bozze del decreto, si è scelta la strada di mezzo: il primo fondo da cui prendere le risorse è rappresentato dal monte ritenute dell'azienda, ma quando queste non saranno sufficienti a finanziare tutti i bonus si dovrà prelevare la differenza dai contributi.
Questo doppio meccanismo evita i problemi che si sarebbero potuti verificare nelle aziende in cui i livelli retributivi del personale sono bassi, e quindi l'importo complessivo dei nuovi sconti da assicurare al personale può superare quello delle ritenute da applicare sui redditi (si veda Il Sole 24 Ore di ieri): un'ipotesi, questa, che si può verificare soprattutto nelle piccole imprese di servizi di base, dove è alto il tasso di co.co.pro. e altri contratti flessibili «assimilati» al lavoro dipendente e quindi interessati dalla nuova misura. Il meccanismo, poi, rende più certo anche la partenza dei bonus a maggio, come espressamente previsto dal nuovo testo che chiede ai sostituti d'imposta di calcolare il valore annuale del credito, e di spalmare la somma «fra le retribuzioni erogate successivamente all'entrata in vigore del presente decreto». Nelle bozze circolate fino a ieri sera è ancora previsto il ritorno alle vecchie regole dal 1° gennaio prossimo, ma fra le coperture trova spazio la creazione di un fondo chiamato a rendere strutturale il «credito».
L'operazione Irpef varata ieri si aggiunge al ritocco all'insù delle detrazioni previsto a fine 2013 dal Governo Letta, che si è tradotto in importi unitari più bassi (al massimo 226 euro all'anno, contro i 640 euro in otto mesi offerti dal decreto di ieri) perché era stato esteso a tutti i dipendenti fino a 55mila euro di reddito. Con questa accoppiata di misure, il guadagno netto arriva a sfiorare i 100 euro al mese per i dipendenti che dichiarano fra 15 e 18mila euro all'anno.

La tabella con i calcoli del bonus secondo il reddito

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