Controlli e liti

Legittima la diversa soglia dell’indebita compensazione

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di Paolo Speciale e Andrea Taglioni

È costituzionalmente legittima la diversa soglia di punibilità prevista per il reato di indebita compensazione rispetto a quella per l’infedele dichiarazione. L’equiparazione delle soglie di punibilità per il reato di omesso versamento dell’Iva con quelle dell’infedele dichiarazione, sancito precedentemente dalla Consulta, limitatamente ai fatti commessi sino alla data del 17 settembre 2011, non può essere applicata al reato di compensazione non spettante o inesistente, stante l’eterogeneità delle due fattispecie sia per l’oggetto, sia per la condotta e anche per l’ambito che intende tutelare.

Sono queste le conclusioni a cui è giunta la Corte costituzionale con la sentenza n. 35 depositata ieri, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Busto Arsizio.

A seguito della citazione in giudizio di un contribuente, il quale veniva chiamato a rispondere del reato di cui all’ articolo 10-quater del Dlgs 74/2000, il Tribunale aveva ritenuto che tale previsione normativa fosse in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione nella parte in cui prevedeva una soglia di rilevanza penale della condotta sproporzionalmente più bassa rispetto all’infedele dichiarazione.

Il giudice remittente è dell’avviso che la soglia di punibilità, stabilita in un importo annuo superiore a 50mila euro, è ingiustificatamente troppo bassa rispetto a quella prevista per l’infedele dichiarazione, fissata in 150mila euro per ogni imposta evasa.

La Consulta ha dapprima escluso l’allineamento della soglia di punibilità dell’omesso versamento dell’Iva - operato con la sentenza n. 80/2014 – con quello della dichiarazione infedele risultando, la diversità di trattamento delle due fattispecie, compatibile con il margine di discrezionalità di cui gode il legislatore.

Ciò in considerazione che, mentre per l’omesso versamento è lo stesso contribuente che si riconosce debitore e la situazione è riscontrabile dall’amministrazione finanziaria, nel caso di indebita compensazione, perpetrata con crediti sia indebiti o inesistenti, il contribuente pone in essere un comportamento fraudolento. Infatti, l’istituto della compensazione presuppone l’utilizzo del modello F24 con il quale per l’estinzione del debito, che può avere natura anche diversa da quella tributaria, vengono indicati crediti la cui spettanza e veridicità è rimessa alla lealtà del contribuente ed è verificabile solo a posteriori dall’amministrazione finanziaria.

Secondo la Corte, infatti, il disvalore dell’illecito, non comparabile con la dichiarazione infedele, risulta in modo evidente anche dal fatto che il legislatore ha previsto che per il superamento della soglia di rilevanza penale dell’infedele dichiarazione rilevi l’ammontare dell’imposta evasa con riguardo all’Iva e distintamente alle imposte dirette.

Mentre per l’indebita compensazione la norma fa esplicito riferimento all’importo complessivamente non corrisposto dal contribuente senza distinguere la natura del debito.

Corte costituzionale, sentenza 35 del 21 febbraio 2018

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