Legittimo il ravvedimento operoso anche se il contribuente viene a sapere di imminenti verifiche
La norma infatti, quando esclude la speciale disciplina alla formale conoscenza di qualunque attività di accertamento amministrativo, si riferisce solo al diretto interessato
La richiesta di chiarimenti inviata all'utilizzatore delle fatture false nell'ambito di una verifica svolta nei confronti dell'emittente non preclude la possibilità di aderire al ravvedimento operoso ai fini della non punibilità del reato. La norma infatti, quando esclude la speciale disciplina alla formale conoscenza di qualunque attività di accertamento amministrativo, si riferisce solo al diretto interessato. A precisarlo è la Cassazione con la sentenza 26274/2023 depositata il 19 giugno.
Un contribuente veniva assolto in sede di udienza preliminare dal reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (articolo 2, Dlgs 74/2000).
Il Tribunale aveva ritenuto operante la causa di non punibilità prevista dalla norma (articolo 13, comma 2) perché l'interessato, attraverso il ravvedimento operoso aveva integralmente versato il debito tributario.
La Procura impugnava la sentenza di assoluzione lamentando un'errata interpretazione della norma atteso che la speciale causa di non punibilità per il reato di dichiarazione fraudolenta opera solo a condizione che l'integrale versamento avvenga prima della formale conoscenza di accessi, verifiche ed ispezioni o di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimento penale.
Più precisamente, l'imputato era stato chiamato dalle Entrate per fornire chiarimenti nel corso di una verifica nei confronti della società che aveva emesso le fatture oggetto di contestazione.
La Cassazione ha ricordato che l'articolo 13 prevede che i reati di dichiarazione fraudolenta, infedele e omessa non sono punibili se i debiti tributari, compresi sanzioni ed interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito di ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa, entro il termine della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni o verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
La Cassazione ha rilevato che dal tenore della norma è necessario che la “formale conoscenza” sia relativa a una attività amministrativa nei diretti confronti del contribuente e non di terzi. E ciò anche in considerazione del fatto che il legislatore se avesse voluto diversamente, avrebbe espressamente precluso la disposizione anche nei confronti dei concorrenti nel reato.
La decisione è importante poiché, per quanto noto, è la prima che fornisce tale precisazione dopo la modifica normativa intervenuta nel 2015.