Leverage buy out: la garanzia non sposta il beneficiario effettivo
La risoluzione 88 del 18 ottobre affronta nuovamente la questione del beneficiario effettivo nell’ambito delle operazioni di leveraged buy out, soffermandosi sull’applicazione del regime di esenzione da ritenuta ai sensi dell’articolo 26-quater del Dpr 600/73 sugli interessi corrisposti su un finanziamento soci oggetto di cessione in garanzia a favore del rappresentante degli obbligazionisti del veicolo di acquisizione.
La questione sottoposta al vaglio delle Entrate, nell’ambito di un interpello sui nuovi investimenti ai sensi dell’articolo 2 del decreto Internazionalizzazione, attiene alla rilevanza della cessione del credito in garanzia al fine dell’individuazione del beneficiario effettivo ai sensi del comma 4, lettera c) dell’articolo 26-quater, alla luce delle posizioni di prassi sulla disciplina di recepimento della direttiva Interessi e canoni (circolare 47/05) e sulle operazioni di leveraged buy out (circolare 6/16), nonché della giurisprudenza della Corte di giustizia Ue del 26 febbraio 2019 in relazione ai cosiddetti casi danesi.
Le Entrate argomentano, sulla scorta di alcune sentenze di Cassazione civile, in ordine all’immediato effetto traslativo del credito ai sensi dell’articolo 1263 del Codice civile, con i relativi frutti non scaduti, prodotto dalla cessione in garanzia, la cui rilevanza come causa del contratto si manifesterebbe unicamente nell’apposizione di una clausola risolutiva espressa che comporta il ritrasferimento automatico del credito in capo al cedente in caso di estinzione, per adempimento o altra causa, dell’obbligazione principale garantita. Da tale inquadramento civilistico conseguirebbe, sul versante fiscale, la perdita della qualifica di beneficiario effettivo in capo al socio finanziatore, che percepisce gli interessi a mero titolo di mandatario all’incasso per conto del creditore garantito. L’Agenzia non chiarisce le conseguenze di tale interpretazione, ovvero se detti interessi siano soggetti al medesimo regime di sostituzione di imposta applicabile ai pagamenti delle cedole agli obbligazionisti, e se il successivo ritrasferimento automatico del credito al socio garante dia diritto al rimborso della ritenuta/imposta sostitutiva eventualmente versata.
La conclusione cui perviene la risoluzione 88 solleva alcune perplessità, in quanto valorizza il mero elemento giuridico-formale del trasferimento della titolarità del credito, senza considerare il fatto che, proprio alla luce della specifica causa di garanzia, la disponibilità piena ed incondizionata del credito e dei relativi frutti (gli interessi) in capo al creditore cessionario si avrà solamente laddove la garanzia venga poi attivata dal cessionario per inadempimento dell’obbligazione principale (il mancato pagamento delle cedole o il mancato rimborso delle obbligazioni), pena una indebita duplicazione di pagamento. È infatti usuale che la cessione dei crediti in garanzia venga posta in essere in luogo della costituzione del pegno sul finanziamento soci per mere ragioni di tutela del creditore garantito nel caso di fallimento del socio cedente, ma gli effetti tra le parti siano i medesimi del pegno, e cioè il mantenimento della disponibilità economica del credito e dei relativi frutti in capo al socio cedente fino al momento di escussione della garanzia da parte del creditore cessionario, con i vincoli di utilizzo volti a preservare il valore della garanzia.
Se così è, prima dell’escussione della garanzia lo status di beneficiario effettivo dovrebbe mantenersi in capo al socio cedente, che subisce solamente una obbligazione eventuale e futura nei confronti dei creditori garantiti, fino all’avverarsi (con effetto ex tunc) della clausola risolutiva espressa apposta nel contratto di cessione del credito in garanzia. Pertanto, al di là del dato formale dell’immediato trasferimento della titolarità del credito, con riguardo alla disponibilità dei relativi interessi l’equiparazione al pegno dovrebbe condurre alle medesime conclusioni per esso valevoli, e cioè la conservazione in capo al concedente del possesso del reddito relativo ai frutti del bene costituito in pegno. In questa prospettiva, nel caso di escussione della garanzia da parte dei creditori (anche non residenti) il presidio impositivo su un reddito di capitale di fonte italiana sarebbe affidato, in assenza di un sostituto di imposta, alla presentazione di una dichiarazione dei redditi in Italia da parte dei creditori stessi, secondo la prassi formatasi per gli interessi pagati a banche estere senza stabile organizzazione in Italia (risposte a interpello 379/19 e 41/18; risoluzione 89/12). In ogni caso, anche accedendo per cautela erariale alla tesi espressa nella risoluzione 88/E, deve rimanere fermo il diritto al rimborso della ritenuta applicata dal veicolo di acquisizione sugli interessi relativi al finanziamento soci, laddove essa si renda non dovuta a seguito della mancata escussione della garanzia.