Libertà di prova ampia per la competenza estera
Nelle
I fatti: il curatore fallimentare di una spa ha promosso davanti al tribunale, nell’interesse della massa dei creditori della società (dichiarata fallita dopo essere stata sottoposta ad amministrazione straordinaria), una causa revocatoria per il recupero di quasi 450mila euro pagati nel 2009 dalla spa, quando già era insolvente, a favore di un’altra società, per il noleggio di una nave, in forza di un contratto di nolo marittimo, stipulato in più “tranches” nel corso dello stesso 2009.
La società convenuta, tuttavia, si è opposta alla domanda di recupero della somma, eccependo la carenza di giurisdizione del giudice italiano a favore di quello britannico, perchè nel contratto di noleggio le parti ne avevano pattuito l’applicabilità. Il tribunale ha sollevato alla Corte Ue una questione pregiudiziale sull'interpretazione dell’articolo 13 del Regolamento Ce n. 1346/2000 sulle procedure di insolvenza, temendo di avallare una pratica indebita di forum shopping, permettendo una scelta arbitraria e soggettiva del diritto applicabile e quindi del Foro, cioè del giudice. Tanto più che, nel caso concreto, non solo il fallimento è stato aperto in Italia ma entrambe le società, parti del contratto di noleggio, hanno sede in Italia e la nave noleggiata batte bandiera italiana.
La Corte ricorda innanzitutto che il regolamento non prevede in quale modo deve essere fornita la prova che svincola le parti dalla giurisdizione del giudice fallimentare. A farlo deve essere l’ordinamento interno e quindi le regole processuali in vigore davanti al giudice fallimentare. In ogni caso, sottolinea ancora la sentenza, la prova della competenza di un giudice straniero (nella specie, britannico), diverso dal giudice fallimentare che procede (italiano), può essere data semplicemente producendo la clausola contrattuale che prevede, per le controversie originate dal contratto medesimo, la giurisdizione di un certo Stato (nella specie, il Regno Unito). Quanto all’abuso del diritto, questo si configura quando emerge che lo scopo essenziale delle operazioni è il conseguimento di un vantaggio indebito e, in particolare, quando unico obiettivo della scelta della giurisdizione straniera è la sottrazione del contratto all’applicazione della legge dello Stato in cui è stato aperto il fallimento.