Controlli e liti

Liti intra Ue sulle doppie imposizioni, procedura amichevole anche per la pretesa diventata definitiva

Il Massimario della Cassazione analizza il Dlgs 49/2020: l’interessato alla Map può impugnare il provvedimento

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di Andrea Taglioni

I contribuenti, sia persone fisiche che giuridiche, coinvolti in controversie tributarie derivanti dall’interpretazione e dall’applicazione di accordi e convenzioni internazionali volti a eliminare la doppia imposizione - giuridica o economica - possono accedere alla procedura amichevole o arbitrale anche se la pretesa tributaria è divenuta definitiva a seguito dell’omessa impugnazione dell’avviso di accertamento o per effetto della definizione dell’imposta in sede di accertamento con adesione o di mediazione.

Al soggetto interessato ad attivare la procedura amichevole non è preclusa - onde evitare che il mancato accordo determini la definitività della pretesa - la possibilità di impugnare il provvedimento da cui origina la questione controversa. In questo caso, il giudizio pendente può essere sospeso, in attesa della Map, su richiesta avanzata dal solo contribuente e la sospensione giudiziale comporta automaticamente anche quella della riscossione in pendenza di giudizio.

Condizione essenziale, affinché le decisioni siano efficaci, è l’accettazione per iscritto da parte del soggetto interessato entro sessanta giorni dalla comunicazione. Qualora vi sia una controversia pendente, il contribuente deve dimostrare di aver depositato apposito atto di rinuncia, anche parziale, al contenzioso e ad altri mezzi di impugnazione.

È quanto emerge dalla relazione 73 del massimario della Cassazione a commento del Dlgs 49/2020 che ha dato attuazione alla direttiva (Ue) 2017/1852 sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea.

La possibilità di eliminare il fenomeno della doppia imposizione prevista dal decreto attraverso la procedura amichevole non riguarderà più solamente le controversie in materia di prezzi di trasferimento e di attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni, ma tutte le imposte sul reddito e sul capitale contemplate negli accordi o convenzioni, comprese anche le liti in materia di diniego espresso di rimborso, ovvero di silenzio-rifiuto.

Oltre a delineare tutte le condizioni a ricorrere delle quali è possibile accedere alla procedura amichevole, ovvero all’eventuale fase arbitrale, e a illustrare i termini e le condizioni entro cui i contribuenti devono effettuare gli adempimenti e gli uffici adottare i dovuti atti, il provvedimento analizza anche alcuni aspetti che non sono stati recepiti nel decreto nonostante i pareri delle commissioni parlamentari indicassero alcune osservazioni sistematiche all’impianto normativo.

E tra questi la condizione preclusiva o di rigetto dell’istanza nell’ipotesi di una sentenza di merito, anche non definitiva, anziché di una decisione passata in giudicato. Tale distorsione, tuttavia, è stata eliminata dall’ articolo 113 del Dl 104/20, il quale ha previsto che l’impedimento opera soltanto qualora sia intervenuta una sentenza passata in giudicato.
Così come, la possibilità, previa richiesta del contribuente, di avere il rimborso delle sanzioni già versate opera solamente in caso di annullamento integrale e non anche parziale della pretesa tributaria.

Infine, viene evidenziata la sproporzionalità del raddoppio dei termini per la procedura di accertamento ai fini dell’esecuzione delle decisioni che, secondo il massimario, dovrebbe ravvisarsi nei casi in cui il procedimento è aperto a seguito di un Pvc o ai casi in cui la doppia imposizione tragga origine da un atto dell’autorità fiscale estera comportante un aumento dell’imposta accertabile in Italia.

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