Controlli e liti

Lo scudo fiscale non preclude tout court l’accertamento

di Massimo Romeo

Il fatto che il contribuente abbia operato in conformità alla normativa sullo scudo fiscale non preclude l'attività di accertamento dell’amministrazione finanziaria a condizione che le modalità accertative afferiscano a fattispecie in cui non vi sia una connessione tra i maggiori imponibili accertati e le attività emerse.
Questo il principio che emerge dalla sentenza della Ctr Milano n. 4092 del 12/10/2017.
La vicenda
La controversia aveva ad oggetto l’impugnazione da parte di un contribuente di un avviso di accertamento tramite il quale l’ufficio determinava un maggior reddito ( ex art. 5 Tuir) e di conseguenza recuperava a tassazione la maggiore imposta ai fini Irpef derivante dalla cessione del diritto di usufrutto delle proprie quote societarie ad altra società poi cessata.
Il contribuente, fra i vari motivi di impugnazione, eccepiva che la documentazione riferita allo scudo fiscale era stata presentata all’ufficio durante la verifica eseguita nei confronti della società e prima della notifica dell’accertamento; eccezione accolta dai giudici di prime cure i quali stabilivano che il contribuente aveva operato in conformità alla normativa relativa al cd. “scudo fiscale”, per cui nei suoi confronti era preclusa l'emissione di un accertamento fiscale.
I motivi
I giudici di seconde cure fondano la motivazione sull’errata interpretazione della norma di riferimento ( art. 14 del Dl 350/2001), concernente l’inibizione dei poteri di accertamento in presenza dello “scudo fiscale” previsto dall’art.13-bis del Dl 78/2009, ritenendo che la stessa faccia riferimento a modalità accertative afferenti a fattispecie che non hanno alcuna attinenza con la costituzione di attività fuori confine, mancando la correlazione fra i maggiori imponibili accertati e le attività emerse.
Il Collegio fa altresì rilevare che nel caso di specie si era in presenza di un’operazione priva di sostanza economica in quanto il corrispettivo della cessione del diritto di usufrutto delle quote sociali era irrisorio rispetto agli utili realizzati sia nelle annualità precedenti che nei periodi successivi; né sul punto era stata documentata dal contribuente la determinazione del prezzo di cessione e spiegate le ragioni della cessione ad un prezzo ritenuto irrisorio con rinuncia agli utili certi e di importo considerevole.
Considerazioni
Il tema dell’opponibilità dello scudo fiscale è stato più volte affrontato in passato dalla giurisprudenza di merito; inizialmente considerato liberamente spendibile, senza limiti, dal contribuente per invocare l’effetto preclusivo all’attività accertativa , per poi arrivare a sancire, alla stregua della sentenza in commento, che affinché operi l’effetto preclusivo è necessaria una connessione tra l’importo delle somme rimpatriate e l’imponibile oggetto dell’accertamento.
Da rammentare sul punto la circolare delle Entrate n. 43/E del 10 ottobre 2009 che ha chiarito che «la preclusione opera automaticamente, senza necessità di prova specifica da parte del contribuente, in tutti i casi in cui sia possibile, anche astrattamente, ricondurre gli imponibili accertati alle somme o alle attività costituite o detenute all’estero oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione»; in sostanza l’opponibilità dello scudo deve essere riconosciuta tutte le volte che non vi siano elementi oggettivi che rendono impossibile il collegamento fra somme scudate e reddito accertato.

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