Imposte

Locazioni brevi, le vie d’uscita dalla stretta sul regime d’impresa

La presunzione di imprenditorialità fa sorgere più di un dubbio. La nozione di impresa non prescinde dal requisito dell’organizzazione

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

La locazione breve effettuata per più di quattro appartamenti, a partire dal primo gennaio, rientra nel regime d’impresa. La novità è contenuta nell’articolo 1, comma 595, della legge di bilancio 2021 (legge 178/2020).

In base all’articolo 4 del Dl 50/2017, sono locazioni brevi i contratti di durata non superiore a 30 giorni, anche se dovessero prevedere la fornitura dei servizi accessori di pulizia e cambio biancheria. La peculiarità di tale tipologia contrattuale consiste nel fatto che è possibile optare per la cedolare secca del 21%. Inoltre, nel caso in cui vi sia l’intervento di intermediari nel pagamento dei canoni, questi sono tenuti ad operare la ritenuta del 21% sull’importo del canone lordo.

Sono escluse dal campo di applicazione del suddetto articolo 4 le locazioni brevi effettuate in regime d’impresa. A tale scopo, nella formulazione di legge originaria era disposto che con apposito decreto delle Finanze sarebbero stati stabiliti i criteri in presenza dei quali sussiste l’esercizio di impresa. Con la novella della legge di bilancio, si provvede, per un verso, a sopprimere la disposizione di delega al Mef, nel contempo, a definire in termini esclusivamente quantitativi le condizioni di imprenditorialità dell’attività.

Ciò si verifica per l’appunto qualora si adibisca alla locazione breve più di quattro appartamenti. Il primo problema che si pone è stabilire se tale previsione si qualifichi come presunzione assoluta oppure legale relativa. Si è dell’avviso che la risposta corretta sia quest’ultima, per una pluralità di considerazioni.

In primo luogo, si osserva che la nozione di impresa richieda, di per sé, una valutazione che non può tradursi in termini meramente quantitativi, poiché è necessaria anche la configurazione del requisito dell’organizzazione. Per fare un esempio, in caso di affitto dell’unica azienda, anche di dimensioni consistenti, da parte dell’imprenditore individuale, è pacifico che quest’ultimo non agisce in veste imprenditoriale. Considerazioni del tutto analoghe valgono in caso di affitto dell’azienda ereditata da parte di più coeredi.

Non si vede allora per quale ragione il proprietario di una pluralità di appartamenti che affidi la gestione degli stessi ad un terzo, senza occuparsene direttamente, debba sempre e comunque essere considerato imprenditore.

A ciò si aggiunga che, poiché l’esercizio d’impresa comporta l’applicazione dell’Iva, non pare proprio che la disciplina Ue consenta di attribuire “di forza” la condizione di soggetto passivo.

Un’altra considerazione riguarda il fatto che la presunzione è limitata alla sola locazione breve. Nulla vieta dunque che un proprietario di 5 appartamenti adibisca alla locazione breve 4 case e l’ultima la destini alla locazione ordinaria o la lasci sfitta. Non bisogna inoltre trascurare che, in tale contesto, i soggetti passivi possono essere, oltre al proprietario, anche il comodatario e il sub locatore. Ma la qualifica d’imprenditore è di carattere soggettivo. Ne consegue che in caso di proprietario di 6 appartamenti, dei quali 4 concessi in comodato a soggetto che li destina alla locazione breve, la presunzione non può operare. Ci si chiede infine se, ai fini dell’insorgere dell’impresa, sia sufficiente la destinazione alla locazione breve anche per un solo mese nell’anno di appartamenti altrimenti adibiti ad affitti ordinari.

Una previsione dunque destinata a creare molti problemi interpretativi di non facile soluzione.

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