Controlli e liti

Ma le pretese del Fisco devono già riportare le prove a fondamento

Nella fase procedimentale l’onere probatorio tutela il diritto alla difesa del contribuente

IMAGOECONOMICA

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Le nuove regole sullo specifico onere probatorio tributario (articolo 7, comma 5-bis, del Dlgs 546/1992) realizzano la piena osmosi tra prova procedimentale e quella processuale: ciò che fa prova nel processo deve fare prova anche nel procedimento e viceversa.

Sul Sole 24 ore del 12 settembre scorso abbiamo affermato che con la riforma del processo tributario è stato introdotto un concetto di prova “autoctono” nel diritto tributario, mutuandolo sì dall’articolo 2697 del Codice civile ma anche tenendo conto della peculiarità della materia. Ma si ritiene che si sia anche voluto stabilire che la prova tributaria non può essere confinata (solo) al campo del processo. La previsione dell’articolo 7, comma 5-bis («l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato») conferma l’inevitabile connessione tra la fase procedimentale e quella processuale anche per il tema della prova tributaria. E proprio in quest’ottica si condividono le osservazioni del professor Giuseppe Tinelli (sul Sole 24 Ore del 9 settembre), secondo cui le regole sull’onere della prova avrebbero potuto, meglio, essere inserite tra quelle procedimentali o, ancora più correttamente, nello Statuto del contribuente.

L’indicazione delle prove

A ogni modo, la nuova previsione del comma 5-bis dell’articolo 7 assume una notevole importanza. Spesso la giurisprudenza di legittimità ha infatti sostenuto che l’amministrazione non è tenuta a indicare nella motivazione dell’atto le prove a fondamento della pretesa, in quanto la motivazione attiene alla fase procedimentale mentre la prova solo a quella processuale. Tali conclusioni non possono però ritenersi corrette, perché l’elemento che ha dignità di prova nel processo non può che avere la medesima dignità nella fase procedimentale.

La prova, infatti, entra nel percorso di motivazione dell’accertamento a pena di invalidità di quest’ultima, risultando un elemento necessario della medesima motivazione. D’altronde, già varie disposizioni di legge prevedono che nella motivazione degli avvisi di accertamento (come quelli Iva: articolo 56, comma 2, del Dpr 633/1972) debbano essere indicati, a pena di nullità, gli “elementi probatori”. E l’obbligo di indicare la prova della pretesa è stabilito anche negli atti di contestazione ex articolo 16 del Dlgs 472/97.

È vero, in sostanza, che la motivazione agisce sul piano procedimentale e la prova su quello processuale. Ma tale distinzione non può essere considerata in termini assoluti: in ogni caso, la prova costituisce un elemento indefettibile della motivazione. Sicché la prova della sua pretesa l’amministrazione deve fornirla già nella fase procedimentale, indicandola nella motivazione dell’atto di imposizione a tutela del diritto di difesa del contribuente.

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