Contabilità

Maggiori interessi: deduzione ammessa per l’emittente

di Fabio Giommoni e Giorgio Gavelli

Lo scorporo in bilancio delle obbligazioni convertibili, tra componente obbligazionaria pura e derivato incorporato (warrant), assume, in generale, rilevanza fiscale, ai sensi del nuovo principio di derivazione rafforzata (articolo 83 del Tuir), applicabile anche alle imprese che adottano i principi Oic (diverse dalle microimprese).

Tuttavia, per disciplinare il trattamento fiscale delle obbligazioni convertibili è prevista una norma ad hoc rappresentata dal comma 4 dell’articolo 5 del Dm 8 giugno 2011 (come modificato dal Dm 3 agosto 2017), che si applica anche ai soggetti Ias adopter. La norma riconosce l’applicazione del principio di derivazione rafforzata in quanto consente che la società emittente possa dedurre i maggiori interessi (rispetto a quelli nominali) contabilizzati a Conto economico secondo il criterio del costo ammortizzato. Laddove, però, i sottoscrittori non esercitino il diritto di conversione, è previsto che operi un meccanismo («recapture») in base al quale la società emittente deve tassare, attraverso una variazione in aumento in dichiarazione, l’importo iscritto in bilancio nell’ambito della riserva di patrimonio netto nei limiti dei maggiori interessi passivi dedotti rispetto a quelli contrattuali. Per la parte non convertita delle obbligazioni non vi è quindi alcun effetto fiscale permanente, in quanto le maggiori deduzioni di interessi passivi vengono compensate con la tassazione dell’importo iscritto a riserva.

Con il Dm del 3 agosto 2017 è stato chiarito il trattamento fiscale per il sottoscrittore delle obbligazioni convertibili, per il quale, in caso di mancata conversione, è ammesso in deduzione (extracontabilmente) l’importo corrispondente ai maggiori interessi attivi contabilizzati e assoggettati a tassazione per effetto del costo ammortizzato.

Questa norma è stata introdotta per evidenti motivi di simmetria fiscale, in quanto anche per il sottoscrittore la mancata conversione delle obbligazioni dovrà essere complessivamente neutra sul piano fiscale, tassando prima i maggiori interessi attivi e poi portando in deduzione i medesimi importi se non avviene la conversione.

Questa deduzione, per espressa previsione della norma, non spetta se il detentore iscrive in bilancio l’opzione di conversione come uno strumento finanziario derivato ex articolo 112 del Tuir, perché in tal caso egli potrà comunque dedurre la perdita di valore del derivato a seguito del mancato esercizio dell’opzione e la simmetria fiscale è rispettata.

Il trattamento fiscale delle obbligazioni convertibili non dovrebbe essere interessato dalle novità del Dm 10 gennaio 2018, con il quale sono stati introdotti limiti alla derivazione rafforzata dello scorporo dei derivati incorporati (nuovo comma 3-bis dell’articolo 5 del Dm 8 giugno 2011). Ciò in quanto il comma 4 dell’articolo 5 del Dm 8 giugno 2011 rimane una norma fiscale specifica per le obbligazioni convertibili che, con questo decreto, non ha subito modifiche.

Ai fini Ace, in base all’articolo 5, comma 5, del Dm 3 agosto 2017, per l’emittente la variazione di patrimonio rilevante è solo quella relativa alle obbligazioni che risultano convertite al termine dell’operazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©