Controlli e liti

Meglio non estendere la competenza per materia

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di Giovanni Negri

È certo un campanello d’allarme. Che però non deve portare al fuggi fuggi. I dati raccolti dal Sole 24 Ore segnalano una situazione di difficoltà dei tribunali delle imprese. Tuttavia non ne devono essere dimenticati i meriti.

Va tenuta presente, ovvio, la cornice in cui si trovano ad agire tribunali dedicati ad alcune delle principali controversie che investono il mondo delle imprese. Quello di una giustizia civile che dà segnali di risveglio ma ancora stenta, sia in termini di durata dei procedimenti sia in termini di capacità di incidere sullo stock di controversie arretrate, è il vero debito pubblico della giustizia italiana.

E allora non si può che sottolineare, per una volta, che il tasso di definizioni del tribunale delle imprese resta elevato nei primi 5 anni di attività: il 68% delle liti viene deciso entro un anno. Effetto anche della natura, in buona parte cautelare, dei provvedimenti presi. Una durata che però rispecchia l’andamento a macchia di leopardo che caratterizza un po’ tutti gli uffici giudiziari, con sedi di eccellenza e altre che fanno estrema fatica. In ogni caso, puntualizza lo stesso ministero della Giustizia, dopo una prima fase con tempi assai contenuti, la durata si sta progressivamente allungando. E di conseguenza anche l’arretrato sta cominciando a lievitare.

Sarebbe però sbagliato enfatizzare troppo quest’ultimo punto, pure rilevante nel momento in cui pesa assai nel determinare l’attrattività per gli investimenti. E questo al netto di una considerazione eccessiva che, forse troppo spesso, i temi di un’efficienza “dura e pura” anche in materia di amministrazione della giustizia hanno preso nel dibattito pubblico.

Non si vuol dire che il fattore tempo non abbia un peso, ma che non sempre una giustizia rapida corrisponde a giustizia di qualità. Questo in generale. Per i tribunali delle imprese, almeno sinora, è stato vero il contrario.

Difficile naturalmente misurare la qualità di una pronuncia giudiziaria. Un buon indicatore, però, soprattutto in materia economica, può essere quello dell’uniformità della giurisprudenza, della sua resistenza nel tempo e quindi della prevedibilità in un Paese dove sempre più spesso è la Cassazione a dovere intervenire per assicurare un minimo di omogeneità nell’interpretazione delle norme. Dunque, va valorizzato il fatto che, soprattutto in alcuni uffici giudiziari, come Milano, la tenuta rispetto all’appello è nell’ordine del 70-80 per cento.

In questo senso la concentrazione delle competenze ha sicuramente funzionato. Un equilibrio difficile, allora. Che, alla luce dei dati qui pubblicati, non può che spingere a qualche cautela sull’estensione delle competenze in agenda con la delega sulla procedura civile all’esame del Senato dopo il sì della Camera. Per effetto della quale, oltre a cambiare nome (nascerebbero le sezioni specializzate per l’impresa e il mercato), i tribunali delle imprese si occuperanno tra l’altro di concorrenza sleale e pubblicità ingannevole e comparativa, di class action e appalti pubblici rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario e di tutte le controversie societarie anche se relative a società di persone.

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