Meno tasse se la pensione svizzera passa da banca italiana
Se l’erogazione è fatta da istituti esteri gli importi sono redditi assimilati secondo la Ctp di Sondrio
Rendite Avs (l’assicurazione per la vecchiaia e i superstiti della federazione elvetica) con ritenuta al 5% solo se corrisposte tramite istituti di credito italiani. Così si è pronunciata la commissione tributaria provinciale di Sondrio con la sentenza 73/2021.
Un contribuente impugnava un avviso di accertamento con il quale l’agenzia delle Entrate per una maggiore Irpef relativamente alla percezione di una rendita estera di tipo Avs per prepensionamento, dallo stesso dichiarata nell'apposito rigo (RM12) del modello Unico e assoggettata ad imposta sostitutiva del 5 per cento. Secondo l’ufficio tale rendita era, invece, da dichiararsi tra i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente, concorrendo alla formazione della base imponibile, soggetta agli scaglioni Irpef ai sensi dell’articolo 50, lettera h) del Tuir. A sostegno dei motivi di ricorso veniva invocato l’articolo 76 della legge 413/1991 e la circolare 30/E/2015 della stessa Agenzia in cui si prevede che tali rendite siano assoggettate a ritenuta unica del 5% da parte degli istituti italiani, quali sostituti di imposta, per il cui tramite l’Avs svizzera le eroga ai beneficiari in Italia.
Secondo il ricorrente, negare tale trattamento fiscale per il solo fatto che l'accredito non fosse stato canalizzato in Italia avrebbe generato una ingiustificata disparità di trattamento connessa alle sole modalità di incasso della rendita e non su una differenza di capacità contributiva. In ogni caso, egli invocava l'esimente dalle sanzioni stante le evidenti obiettive condizioni di incertezza della legge.
I giudici, interpretando alla lettera il dettato normativo, osservano che, in assenza di un sostituto d’imposta residente in Italia che operi la ritenuta, la disposizione non può trovare applicazione e quindi la rendita va dichiarata tra i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente e, come tale, concorre alla formazione della base imponibile Irpef.
La questione meriterebbe ulteriori riflessioni alla luce dei principi costituzionali di uguaglianza e capacità contributiva (articoli 3 e 53 della Costituzione); in tal senso, non sarebbe da considerare discriminatorio una modalità di tassazione che prenda in considerazione il mero “luogo di incasso” del reddito e non invece una differente capacità contributiva? Perché trattare diversamente Avs (previdenza statale) e Lpp (previdenza professionale) se l'ordinamento tributario (articolo 49, comma 2, lett. a, Tuir) mette sullo stesso piano e nella stessa categoria reddituale le «pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati»?
A questa domanda avrebbe risposto la prassi dell'Agenzia (risoluzione 3/E/2020) osservando che, mentre le rendite Avs vengono canalizzate in Italia attraverso determinati istituti di credito, le Lpp sono invece «direttamente corrisposte ai beneficiari, mediante accreditamento sui rispettivi conti correnti aperti in Italia»: questa diversità, secondo l'Amministrazione, è la dimostrazione di un possibile diverso trattamento fiscale da applicare.