Imposte

Microzone e algoritmi già pronti dal 2015 per la riforma catastale

Pochi municipi si sono attivati sui dati già messi a disposizione sulle case fantasma

di Saverio Fossati

Doppio binario, come nelle compravendite immobiliari: tasse e imposte calcolate con le vecchie regole, cioè partendo da basi imponibili basate sulle rendite catastali oggi in vigore, sperequazioni comprese. E valori catastali ufficiali aggiornati a quelli di mercato, un dato chiesto dall'Europa e che il Governo promette di non utilizzare sino al 2026. Questo, in estrema sintesi, il Catasto che verrà con la legge delega di riforma fiscale presentata pochi giorni fa.

Per capire come si orienterà l'Agenzia, di cui il Catasto è una direzione centrale, nel determinare i futuri valori, va dato uno sguardo indietro, quando nel 2014-2015 (con un'altra delega fiscale, la legge 23/2014) si arrivò a un passo dalla riforma ma superamento del termine per il decreto, fissato a marzo 2015, fece scattare la decadenza. Il grande lavoro, coordinato da Gianni Guerrieri, era stato praticamente completato con l’elaborazione di un complesso algoritmo che avrebbe consentito di attualizzare i valori immobiliari con il passaggio da “catasto delle rendite” a “catasto dei valori” e una revisione delle rendite basate sui valori locativi, il tutto centrato sui metri quadrati di superficie, peraltro disponibili in visura già da novembre 2015. La revisione doveva basarsi sull’individuazione di valori medi al metro quadrato desunti dai rogiti (ecco a cosa serviva l’obbligo, dal 2006, di indicare il prezzo reale, anche a fronte di imposte basate sulle vecchie basi imponibili) e articolati sulle zone Omi (l’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia) nei singoli Comuni. Non è facile immaginare se il Governo sceglierà di utilizzare il lavoro già fatto ma è difficile immaginare strade più rapide.

Nel concreto, facendo un confronto tra il «valore catastale» attuale ai fini Imu (rendita per i vari moltiplicatori) e quello «di mercato», nella stragrande maggioranza dei casi si assisterà a un incremento dal 100% al 200 per cento. Gli immobili degradatisi negli ultimi 30 anni o quelli che, pur inseriti in categorie catastali elevate, risultano in zone poco o per nulla appetibili, beneficeranno certamente di una diminuzione dei valori.

Una parte dell’articolo 7 della delega è dedicato al coinvolgimento dei Comuni, che in realtà non hanno molto approfittato degli strumenti a loro disposizione per agire sulle basi imponibili, al di là delle riforme: da molto tempo (commi 335 e 336 della legge 211/2004) pochi hanno chiesto l’aiuto del Fisco per rideterminare le rendite di singole unità o per variazioni catastali a livello di microzona. Inoltre, dopo che nel 2012 era stata ultimata la rilevazione delle “case fantasma” (quasi tutte abusive), a quanto risulta al Sole 24 Ore pochissimi municipi si sono attivati per avere i dati dei fabbricati individuati dall’Agenzia. Tra le eccezioni, il Comune di Bologna, che ha annunciato mercoledì 6 ottobre di aver incassato 8 milioni in più di imposte locali sugli immobili proprio con gli strumenti di revisione già a disposizione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©